domenica 30 dicembre 2012

Happy Ending

Sono passati 365 giorni dalla mattina in cui ebbi l'idea di aprire un blog. Dal primo post ad oggi di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta (colgo l'occasione per ringraziare davvero con il cuore tutte le persone che mi leggono, mi seguono, mi scrivono, mi likano). Siccome era il 31 dicembre 2011 uno dei primi argomenti di cui parlai fu chiaramente la fine dell'anno. E sapete cosa vi dico?Visto che mi ha portato bene lo rifarò.

Il 2012 è stato un anno per me molto particolare. Anzitutto, è passato velocissimo. Poi, è stato pieno di cambiamenti, quasi tutti positivi. Questo non significa che io non abbia sofferto, anzi, mi sono presa certe padellate in faccia che ve le raccomando, ma alla fine, tutto è sembrato sempre aggiustarsi. 

Ora sarete certamente curiosi di sapere se ho mantenuto gli impegni presi. Ehm, tasto dolente...Avere un blog personale è bellissimo, le persone ti seguono, ti apprezzano perchè alla fine i tuoi tormenti sono anche i loro, aumenta la tua autostima, ma cazzo cazzo cazzo, rimane tutto scritto lì. Non puoi fuggire. Quindi mi tocca dirvi che:

  • Ahimè, non mi sono laureata. Resta tutto invariato, esami tutti dati da luglio del 2011, tirocinio da fare, tesi da fare. Continuo ad essere iscritta all'Università, continuo a pagare una caterva di tasse, ma niente, non sto facendo niente (inveite contro di me, vi prego, così forse mi decido!). Giustificazioni e angoscia a palate. 
  • Ho perso un tot di chili. Quanti? Dieci. Difficile? Sì, perchè sono molto incostante. Però il mio rapporto con il cibo e con lo sport sta migliorando. Quello con la dietista rimane complicato, quello con lo specchio pure. Ma ci sto lavorando. 
  • Bere e fumare: non si può certo dire che sia una santa, ma ho fatto tutto con moderazione. Adesso qualcuno che mi conosce penserà subito a sabato scorso e si farà grasse risate, ma...ecco, io sto facendo una media, non una somma.
  • Un lavoro ce l'ho, bello, gratificante, indeterminato e nonostante questo precario. Perchè la precarietà è una condizione lavorativa, non contrattuale, credetemi. Alterno l'ottimismo più sfrenato alla più nera depressione, come è tipico del mio carattere, ma che dire? Per il momento va bene così. 
  • Le basi ci sono quasi, la casa c'è anche se è occupata. Manca uno sfratto e gettare il cuore oltre l'ostacolo. Ma in questo caso non dipende tutto da me. Io continuo ad applicarmi.
  • Di occasioni nel 2012 me ne son sfuggite ben poche: ho detto tutto quello che dovevo dire, ho ascoltato tutto quello che dovevo ascoltare, sono andata ad una quantità imbarazzante di concerti e mostre, ho letto almeno 20 libri, ho fatto tutti i mini-viaggi che potevo permettermi, ho sperimentato attività nuove. Di questo sono davvero felice. 
Quest'anno c'è una novità: siamo alla fine e non sono depressa. Sento la voglia di alleggerirmi sempre di più (non solo ponderalmente parlando): non sbuffare se le cose non vanno esattamente come le voglio, non andare in paranoia se non sono esattamente con chi desidero. Quindi, anche oggi, anche domani, e spero per sempre, va bene così. 

Facciamo gli impegni per il 2013? Dai, così, via il dente via il dolore.

  • La laurea la rimettiamo negli obiettivi. Daje, che ormai non ci credo più manco io e sai mai che mi faccio una sorpresa!
  • I chili pure li rimettiamo. Ne mettiamo 15 in meno, perchè checchè se ne dica, sono ambiziosa e quando voglio ho due coglioni così. Toh. Ah, e ho deciso di cambiare ulteriormente la mia alimentazione: veganesimo a casa, formaggi e uova solo fuori casa, al lavoro o a cena con gli amici, giusto per non venir guardata come un alieno. 
  • Sul bere e fumare piantiamola di fare dei propositi. Mi impegno per tutelare la mia salute, ma se un bicchiere di vino o una sigaretta aiutano a socializzare, a stare allegri, a divertirsi un po', ben vengano. Si vive una volta sola e si muore sempre e comunque (questa l'ho già sentita da qualche parte!).
  • La casa anche, la lasciamo lì, in centro città, con i suoi bei negozietti vicini, la bicicletta nel garage, una cantina zeppa di Barolo, tovaglie colorate, ricchi premi e cottillon. 
  • Le occasioni: posso fare ancora meglio. Mi sto attrezzando per diventare una Yes Woman. L'anno non è ancora iniziato e ci sono già in programma diversi concerti, un viaggio, alcuni ristoranti da provare, cose da fare, libri nella wishlist di Amazon. 
  • E poi metto una cosa nuova: imparare a sentirmi di più. E se non mi sento io, trovare qualcuno che mi dica "ascoltati!". 

sabato 22 dicembre 2012

E quindi?

Ve l'avevo promesso e non potevo deludervi. Come avrete notato da soli non è successo proprio un bel cazzo. Niente fine del mondo, niente extraterrestri, nessuna inversione dei poli, niente di niente.

Io avevo perfino guardato lo speciale di Mistero nella speranza che ci fosse una simulazione apocalittica con Raz Degan utilizzato tipo manichino del crash test, o che arrivasse in diretta uno tsunami a spazzare via Daniele Bossari dal Pianeta. Ah, che bei momenti di televisione sarebbero stati!

Beh, dai, meglio così, ormai avevo pure già comprato i regali di Natale, sarebbe stato un peccato se il mondo fosse finito proprio in contemporanea con i miei slanci di inventiva e generosità.

La cosa che mi è piaciuta di tutto questo ciarlare sulla profezia Maya è stata che tutti abbiamo pensato a cosa avremmo fatto nelle ultime ore della nostra vita. Ed è solo perchè non ci abbiamo creduto fino in fondo che non abbiamo fatto un bel niente. Almeno, la maggior parte di noi. Almeno, io. Sarebbe stato bello non solo pensarci, ma farlo.

Chissà per quando è prevista la prossima fine del mondo.











martedì 11 dicembre 2012

Da quando l'ignoranza è diventata un punto di vista?

Sono una persona intollerante. E pure molto.

Oggetto della mia ostilità è ciò che per molti passa assolutamente inosservato.

Al contrario, non mostro alcun dispregio verso ciò che a tanti causa repulsione.

Non mi schifo a parlare di cacca a tavola, ad esempio, e questo dipende dal fatto che lavoro in un asilo nido e cambio pannolini tutto il giorno. Negli escrementi vedo qualcosa di assolutamente naturale e quasi sacro. I bambini ti aiutano a cambiare prospettiva su molte cose. Somigliano un po' all'amore, i bambini.

Non mi disturba vedere due uomini o due donne che si baciano. Non riesco nemmeno a capire come a qualcuno possa dar fastidio. L'unico sentimento negativo che tale visione può suscitarmi è forse l'invidia. Che comunque secondo me non è un sentimento negativo, ma se iniziassi a spiegare la mia tesi finirei col divagare, così lascio perdere.

Ho citato questi due esempi perché di recente il caso ha voluto che le mie orecchie sentissero da più voci le seguenti frasi:

Frase n°1: "Dio, che schifo quando qualcuno parla di cacca a tavola!". Amico, la cacca è proprio il prodotto, la diretta conseguenza, di quello che tu stai facendo in questo momento: mangiare.  E comunque a me si chiude lo stomaco di più guardando il telegiornale. Sto pensando di obbligarmi a mangiare davanti ad un TG per provare a far funzionare la mia dieta.

Frase n°2: "Io non ho niente contro le coppie gay, basta che lo facciano a casa loro!". ma cosa? Cosa devono fare a casa loro? Se una cosa ti fa schifo ti fa schifo sempre, indipendentemente da chi la fa. Se non tolleri un bacio in pubblico, che importa chi lo da? Vai a casa a nasconderti anche tu, allora! Ma secondo me le persone che riescono ad esprimere un simile pensiero sono le stesse che ammoniscono chi ruba una scatola di sardine al supermercato e poi votano Berlusconi.

Torniamo all'oggetto della mia intolleranza: l'ignoranza.

Qualcuno starà pensando: "Ammazza, quanto è spocchiosa questa, oh! Ma che si crede? D'essere più furba degli altri?!"

No, affatto. L'ignoranza ha l'aspetto positivo di essere motore e stimolo per "fare cose e vedere gente". Io se non mi sentissi ignorante non leggerei, non andrei a vedere una mostra o un film o un Paese, non comprerei un cd, non mi lascerei affascinare da nessuno. Perché penserei che non c'è nulla che valga la pena sapere, nulla che valga la pena vedere, nulla che valga la pena ascoltare e nessuno da cui valga la pena lasciarsi insegnare qualcosa.

La cosa che mi turba, mi spiazza, mi intristisce è l'ostentazione dell'ignoranza e il totale disinteresse che molti manifestano verso qualsivoglia forma di cultura. "Non lo so e non mi interessa saperlo" è la più infausta delle affermazioni che una persona umana possa fare (a meno che non riguardi i cazzi degli altri. In quel caso va bene).

Siccome sono un'amante delle figure retoriche, e il mio artificio linguistico preferito è senza dubbio l'antifrasi, io le persone così le chiamo "limited edition", non perché non ce ne siano moltissime, ma perché la loro mente è confinata in un'immaginaria linea di demarcazione da non oltrepassare mai, oltre la quale è impossibile espandersi. Le chiamo anche "low profile", non certo perché custodi del valore della sobrietà, ma per la bassezza di spirito. Il fatto di usare termini anglofoni è perché un'altra cosa che amo, dopo la mia lingua, è sapere anche quelle degli altri.

Adesso che ho fatto un po' la colta posso anche sbracare un attimo per augurare cordialmente alle persone in questione:

  • di sentirsi anche loro costantemente inadeguate;
  • di mettersi anche loro ininterrottamente in discussione;
  • di essere anche loro perennemente insoddisfatte.
A Natale siamo tutti più buoni? Non credo proprio. 

Post Scriptum: rileggendo queste righe mi rendo conto di quanto risultino poco legate, probabilmente si faticherà a tenere il filo del discorso, ma concedetemi questo sfogo personale: sono agghiacciata. E no, non è l'inverno.

Nota: la frase utilizzata come titolo è del fumettista statunitense Scott Adams.






venerdì 7 dicembre 2012

Cinismo a palate

Io all'amica: "Hei, ma tu parli da innamorata!"
Amica: "Innamorata è una parola grossa. Diciamo che...sfarfallo!"
Io: "Come una lampadina prima di bruciarsi. Tra poco ti ritroverai a brancolare nel buio dell'innamoramento."

mercoledì 21 novembre 2012

Un rutto esistenziale

Non capisco perchè tra tutte le profezie sulla fine del mondo quella Maya sia la più diffusa. Nessuno ci crede, ma intanto a chiunque è balenato il pensiero "E così tra un mese si muore tutti, eh?".

Il mondo potrà anche finire, ma io non ho finito di dire la mia.

A casa abbiamo installato i pannelli solari, i cui costi possono essere ammortizzati soltanto consumando energia per vent'anni. Non possiamo permetterci di morire.

Io devo prendere la Laurea. Non voglio morire prima di aver dato questa soddisfazione ai miei genitori. 7 anni; 30 esami; 12.000 euro di tasse; un numero imprecisato di ore di lavoro per guadagnare i fottuti soldi; un numero imprecisato di capelli, ore di sonno e diottrie persi per sempre. In compenso c'ho guadagnato una bella decina di chili. E comunque no, non voglio morire. Voglio discutere la tesi, far piangere di gioia i miei vecchi e poi  andare un mese in campeggio e dar fuoco alla preziose pergamene per grigliarmi le verdure. Ma casomai dovessi morire, nella prossima vita vorrei essere un sasso, così mi evito tutta questa fuffa, grazie.

Ho ottenuto un contratto a tempo indeterminato da un mese: l'unica botta di culo in una vita costellata di disgrazie e fallimenti. E poi muoio? Ennnnò, eh! Fammi prendere almeno UNA tredicesima nella mia esistenza!

Voglio andare a vivere da sola. Guadagno poco, ma sono brava a risparmiare. So fare la spesa settimanale con 15 euro (senza i fottuti coupon come i pazzi di quel programma di Real Time) e vestirmi con 300 euro l'anno, anche perchè io amo sperperare i miei pochi soldi in cose davvero vitali, quali i libri, i concerti, le mostre e i cd. Sono disposta a rinunciare a queste cose per riuscire a vivere in solitudine e godere di quest'ultima. La solitudine è l'ultimo passo che devo compiere per raggiungere l'ascesi mistica, solo dopo potrò morire. Quindi, caro destino, dammi tempo, ok?

Ci ho messo anni a convincermi e iscrivermi in palestra. E adesso mi sono presa bene a shakerare il mio flaccido culo a ritmo di Zumba (sì, lo so..Dio! Che roba da femmina esageratamente mainstream! Ho ceduto, ok, non rimproveratemi!). Stesso discorso vale per l'acquagym, uno sport che mi sta davvero temprando il corpo e lo spirito, tra il freddo dell'acqua che puoi appenderti dei quadri ai capezzoli e una pazza furiosa che da bordo vasca ti urla che sei una pippa. Ecco, no, dopo anni di tentennamenti, adesso voglio almeno portare a termine le tessere, eccheccazzo.

Il 31 dicembre mio figlio compie un anno, lasciatemelo festeggiare un pochino.

E poi prima di morire mi piacerebbe trovare anche un fidanzato. Uno vero, eh, non come quelli che si sono battuti il cinque a mò di staffetta in questi anni. Via uno psicopatico e avanti un altro! Uno a cui piaccio così come sono, non più magra, meno chiacchierona, più ordinata e meno rompicoglioni. Proprio così.

P.S. Quest'ultimo pensiero è dovuto solo alla sindrome pre-mestruale. Nel giro della prossima ovulazione tornerò ad essere la cinica di sempre che schifa gli uomini e sogna un futuro ricco di solitudine e avventure saffiche.

Concludo questo mio "rutto esistenziale" (questa espressione la coniò un mio professore del liceo parlando di Leopardi. Io l'ho sempre interpretata come "un'esternazione -di pensieri- piuttosto rimbombante e per qualcuno fastidiosa e inopportuna, un rutto per l'appunto; esistenziale poichè riguardante il senso della vita e gli interrogativi che essa ci pone") anticipandovi che il post del 22 dicembre si intitolerà senza dubbio "E quindi?".






La vita è breve e si muore sempre e comunque

Oggi vorrei parlarvi della mia immotivata serenità dell'ultimo periodo. So che di recente ho scritto un post dal titolo November Shit, ma ormai mi conoscete e sapete che io faccio della lunaticità la mia bandiera.

Il mio karma continua a prendermi per i fondelli. Nella mia vita precedente dovevo essere una gran stronza. I fatti più recenti che lo dimostrano sono:

  • Dopo la morte di Batuffolo, anche Trippa è passato a miglior vita investito da un'auto. Due gatti fatti fuori in una settimana. Erano entrambi neri, ma erano loro a toccarsi quando passavo io.
  • Fare un'ora e mezza di strada e riuscire ad evitare i cinque autovelox disseminati, per poi parcheggiare la macchina tre minuti per fare la pipì e prendersi una multa per divieto di sosta.
  • Prendere un multa per eccesso di velocità perchè viaggio 4km/h sopra il limite.Ovviamente tutto questo accade quando non tengo il becco d'un quattrino, in quei giorni infiniti che separano la fine dei soldi dall'arrivo della busta paga successiva.
  • Dire "Pensa che bello sarebbe vedere i The Gossip dal vivo" (non giudicatemi , a me Bettona piace tanto! Mi sento affine a lei per magrezza, eleganza, sobrietà e gusti sessuali decisi). Aprire il sito di TicketOne, trovare un concerto di Beth la prossima settimana, vedere che ci sono ancora biglietti e scoprire che io quella sera lavoro. 
  • Svegliarsi felici nonostante siano le 6.30 del mattino e nonostante il nebbione spesso come una coperta, spalancare le persiane con il sorriso ebete stampato in faccia e schiacciarsi un pollice. Lo so che non si dovrebbe bestemmiare, ma potevo esimermi? 
Qualcuno non crede al destino, alla sfiga, al karma. Ma io dico, avete bisogno di altre argomentazioni?

Come vi dicevo all'inizio però, io in questo periodo mi sento proprio bene. Ormai non dormo più di cinque ore per notte, mangio quando e dove capita, sono piena di energie e non rinuncio a niente, nonostante gli orari di lavoro che non sono proprio agevolanti le relazioni sociali e la carenza di risorse finanziarie. Ho pensato che la vita è breve e si muore sempre e comunque, quindi tanto vale godersela, stancarsi, arrivare a toccare un letto qualsiasi in una casa qualsiasi e addormentarsi immediatamente, con un pensiero felice in testa.

I gatti nascono e muoiono esattamente come noi, alcuni sono longevi e il loro trapasso avviene per vecchiaia, per altri la dipartita avviene in maniera ridicola, proprio come succede a molti umani (pensate a chi soffoca mentre fa bondage o chi cade dal balcone durante una gara a chi sputa più lontano).

Le multe si pagano, e anche se scoccia da bestia dare soldi a caso allo Stato, non c'è nulla di irrimediabile in una multa. Non c'è motivo di gioire, questo è certo, ma farsi il sangue amaro non è mai una buona cosa. Prenderla con filosofia is the way.

Le dita schiacciate fanno girare le palle, ma avere una storia idiota da raccontare agli amici su come te le sei procurate è sempre fonte di grande ilarità. E ridere fa molto bene alla salute.

Non so se vi ho convinti, alcuni mi dicono "Non c'è niente da ridere!" o "Come fai a non avere l'ansia?" oppure "Guarda che se ti stanchi troppo poi stai male". Mah, forse, ma ripeto la vita è breve e si muore sempre e comunque. Per me il senso sta tutto qui dentro a questa frase, che ognuno può interpretare come vuole. 




sabato 17 novembre 2012

Segreti e stimoli

"Se la tv è un narcotico, il blog può essere un ipnotico potentissimo, siamo rinchiusi nelle nostre casette e non facciamo nulla.
[Daniele Luttazzi]


Trovo questa frase mentre cerco nel web ispirazioni per il laboratorio di blog che devo tenere in questo e il prossimo fine settimana.Così inizio a riflettere sul significato che io attribuisco al mio blog. Amélie Nothomb ha detto: "In quest'epoca in cui anche la più insignificante delle adolescenti esibisce il suo blog, non c'è nulla di più desiderabile di questo: un segreto".

Beh, intanto il mio blog (e fa già 4 volte che ripeto la stessa parola!) l'ho aperto alla bella età di 25 anni, in cui l'adolescenza è finita da un pezzo. 

Sull'insignificanza posso anche darle ragione, non scrivo certo di argomenti culturalmente elevatissimi, ma che cos'è un blog se non una sorta di diario on-line? Che cos'è un blog se non una valvola di sfogo come tante altre, che però non rimane chiusa in un cassetto su fogli ingialliti come una poesia, o attorcigliata alle lenzuola come biancheria intima levata alla svelta, o tra le quattro mura bianco sporco di una palestra in cui andiamo a tirare calci. E' uno sfogo che diventa alla portata di tutti, come una canzone, un quadro, una forma d'arte. E sappiamo bene che l'arte non è percepita da tutti allo stesso modo, né nel farla, né nel fruirla. "L'arte è un pensiero che esce dal corpo, né più e né meno come lo sterco" [Zen Circus]. (Avrete intuito che per argomentare i miei incasinatissimi pensieri ho bisogno di appoggiarmi a destra e a manca citando persone che esprimono le proprie idee meglio di me).  

Questa roba possiamo chiamarla esibizionismo? Mah, volendo sì. Però io non riesco a trovare un'accezione negativa a questo termine. Metà del mondo ama essere guardata e l'altra metà guarda. Si fa del male a qualcuno? No. Credo di aver già parlato di questo argomento in qualche post, ma mi sono accorta che i miei tag fanno schifo nel momento in cui volevo cercarlo per autocitarmi (che è un po' come masturbarsi in pubblico, me ne rendo conto).

In ogni caso, tutto questo non significa che io non abbia dei segreti, figuriamoci. Ne ho, ne ho tantissimi. Non è certo leggendo il blog di qualcuno che posso dire di conoscerlo. Anzi, in questo mondo in cui è così facile avere dei rapporti virtuali, telematici, raccogliere informazioni su qualcuno attraverso i social media, crearsi una visione distorta delle persone, non c'è nulla di meglio che conoscersi davvero. In fondo su Instagram mettiamo solo il nostro profilo migliore, su Facebook scriviamo solo i nostri pensieri più intelligenti, su Twitter "cinguettiamo" solo a proposito delle cose più interessanti che facciamo. Ma le persone sono anche altro, per fortuna. Sono facce stanche dopo una giornata di lavoro, pensieri scoordinati dopo un paio di bicchieri di vino, telefonate inutili durante serate da pensionati passate sul divano perché in città non c'è niente da fare. 


Per tornare al buon Luttazzi, non mi sembra affatto che il blog sia un ipnotico, un sedativo. Io sinceramente non mi sono mai sentita tanto sveglia, desiderosa di dire la mia, di uscire per il mondo a vedere cosa c'è di cui parlare. E anche quando leggo i blog di altri, così come un giornale, o un libro, non mi accontento di aver sentito l'opinione di qualcuno, mi attivo per costruire la mia. Quindi no, caro Daniele, i blog non sono affatto degli ipnotici, semmai degli stimolanti.

Segreti e Stimoli. Sono due bellissime parole, due bellissimi concetti, che mi fanno tra l'altro pensare a quando ci si innamora di qualcuno. La voglia di avere dei segreti, qualcosa da proteggere dal resto del mondo, e di ricevere degli stimoli, di "contaminarsi" vicendevolmente. Stucchevole, vero? Sì, infatti. E' solo che non sapevo come concludere questo post







venerdì 2 novembre 2012

November shit

Non vomitare la sera e tenersi il vomito fino al mattino non è stata una buona idea, soprattutto visto che tra mezz'ora devo essere al lavoro. A colazione un probiotico come ogni mattina (sono una salutista!) e una pasticca di Plasil.

Mi infilo nella doccia così canto un po'. Mi esce una voce che manco Amanda Lear. Mal di gola, cazzo, no.  Vabbuò, canterò "Voulez-vous un rendez-vous, tomorrrrow" e mi spremerò un limone in bocca.

Mi sbatto in faccia un po' di fondotinta che ho un'aria davvero pietosa, sì che è il giorno dei morti ma non posso andare in giro così.

A lavoro merdoni mai più finiti che mi fanno pensare che non mi dispiacerebbe aprire un baretto in qualche località di villeggiatura o fare la rappresentante Avon per poter un giorno incontrare Edward Mani di Forbici.

Finisco tardissimo, troppo tardi per andare a fare un giro. No, dai, forse ce la faccio ancora. No, sono troppo sporca della più vasta selezione di secrezioni corporee di bambini per potermi presentare al mondo.

Arrivo a casa e Madre ha fatto la minestra di porri. Minchia che allegria.

Daje, pigiama e una tazza di latte che questa giornata ha da finì.

E invece no, arriva nonno che mi dice "E' morto il tuo gattino preferito!".

Datemi un po' di rhum per piacere.










domenica 28 ottobre 2012

Cassandra

Non sono psicologicamente pronta all'idea che nevichi.

Ho portato l'auto dal gommista, che mi ha montato i pneumatici termici; la legnaia è tutta ben stipata e la stufa viaggia a pieno regime da alcuni giorni; ho comprato anche un sacco di legumi in latta, farine, prodotti a lunga conservazione, insomma, ho riempito la dispensa che casomai ne dovesse venir già un metro come l'anno scorso e dovessi chiudermi in casa qualche giorno, non muoio.

Tutto è pronto tranne me.

Comunque la simpatica perturbazione che porterà i primi fiocchi, così presto e così a bassa quota, si chiama Cassandra. Tra l'altro bella questa moda inutile di dare nomi agli eventi atmosferici. Volevo ricordare ai giornalisti di Studio Aperto che il sole, la pioggia, i venti e le perturbazioni atlantiche esistono dalla notte dei tempi, non c'è bisogno di creare epiteti nuovi ogni volta. Si chiamano già "Caldo", "Freddo", "Vento fortissimo". Pensa un po'. Dicevo...Ah sì, Cassandra. Voi la conoscete la leggenda di Cassandra? Leggetela e poi ditemi se non viene voglia di darvi una toccatina.


Definita come la profetessa, Cassandra è un personaggio della mitologia greca e precisamente, della leggenda troiana, figlia di Priamo, re di Troia.
Apollo, innamorato di lei, le dette il dono della profezia in cambio del suo amore, ma Cassandra lo ingannò, rifiutandosi dopo essersi promessa e allora Dio la punì, facendo si che le sue profezie restassero inascoltate. Immediatamente prima della presa di Troia, Cassandra avverte i suoi compatrioti che l'enorme cavallo di legno lasciato dagli Achei sulla spiaggia, era un artificio dei Greci per conquistare la città, ma invano, poichè venne accusata di essere solo una profeta di sventura, inascoltata e malvista.
Divenuta, dopo la distruzione di Troia schiava e concubina del re Agamennone, Cassandra viene trasportata ad Argo: qui ha un fuggevole incontro con Clitemnestra. Poi, invasa improvvisamente dal nume, in una lucida allucinazione accenna alle colpe terribili degli Atridi, predicendo la prossima uccisione di Agamennone e di se stessa, maledice Apollo che l'ha condotta alla rovina, quindi entra nella reggia, consapevole che li l'attende la morte per mano di Clitemnestra, che la strangola con le sue stesse mani.
Per antonomasia, si attribuisce l'appellativo di "Cassandra" alle persone che pur annunciando eventi sfavorevoli giustamente previsti, non vengono credute, e viene detta "sindrome di Cassandra" la condizione di chi formula ipotesi pessimistiche ma è convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino.








sabato 27 ottobre 2012

Una porta tutta per sè

Virginia Woolf voleva una stanza tutta per sè. A me basterebbe una porta. Mi piacciono le porte; più spesse sono, meglio è. E possibilmente senza vetri, o al limite sabbiati, in modo che da fuori si vedano solo ombre.

A volte la gente pensa di poter entrare e uscire dalla vita degli altri senza dire nulla. Se invece avessimo le porte sarebbe tutto molto più facile.

Intanto per entrare uno dovrebbe bussare, e da come uno bussa capisci subito se è determinato o meno ad entrare e con quale atteggiamento. Io vorrei che le persone bussassero in modo deciso, ma discreto. Senza insistere.

Guarderei dallo spioncino e rimarrei ad osservare cosa fa chi ha bussato mentre aspetta. Se vedessi una persona mangiarsi un pochino le unghie e guardarsi intorno con imbarazzo aprirei subito, per non lasciare che si crogioli nel disagio del momento. Se invece vedessi qualcuno sbuffare o battere nervosamente i piedi, col cazzo che aprirei. Io voglio una vita tranquilla, senza gente nervosa dentro. Così come non aprirei se vedessi qualcuno che decide di scaccolarsi davanti alla mia porta o di cagarmi nel portaombrelli. A me la gente cafona non piace.

Se la persona che vedo dal buchino mi dovesse piacere, aprirei lentamente, sorriderei e la inviterei ad entrare e rimanere per un thè. Davanti al thè le persone si aprono. Di solito dalla faccia di una persona capisco se la stavo aspettando o meno; in quel caso preparerei anche dei biscotti. Solo dopo un thè con i biscotti chiuderei la porta, come a dire "ti tengo con me".

Ma il bello di avere una porta viene quando qualcuno dalla tua vita deve uscirci. Dalle porte si esce dando la schiena e il culo, ma se poi ci vuoi rientrare devi metterci la faccia. E questo tante volte ce lo dimentichiamo. A volte non ti accorgi che le persone sono uscite dalla tua vita perchè non hai sentito sbattere la porta. E allora le cerchi, le chiami e solo dopo un po' ti accorgi che non ci sono più. Se avessimo una porta sarebbe più semplice e si eviterebbero tante delusioni. A me piace la gente che quando va via ti spiega perchè, ti abbraccia e ti dice arrivederci, che comunque nella vita non si sa mai. Chi proprio detesto, invece, più ancora di quelli che vanno via senza sbattere la porta, sono quelli che rimangono lì sull'uscio, mettono la testa un po' dentro e un po' fuori, indecisi se rimanere, andarsene, rientrare o scappare.

Vorrei una porta di legno, blindata, da cui fosse faticoso tanto entrare quanto uscire. E invece la mia vita ultimamente sembra avere una di quelle porte a vetri del supermercato, che si aprono e si chiudono in automaticamente e che creano un tale caos che a volte la gente si dà le spallate.





martedì 23 ottobre 2012

Gravidanze indesiderate

In un mondo che prigioniero è, della crisi, del capitalismo, del precariato, degli zuccheri, degli allevamenti intensivi, del petrolio e tanti altri cazzinculo di varia natura, c'è ancora gente che crede nel futuro. Non sto parlando solo dei giovani non choosy e che dunque godono come ricci a lavorare gratis in attesa di un contratto, dei sostenitori del downshifting e della green economy, dei vegani e dei cattolici. Sto parlando di chi mette al mondo un figlio, di chi desidera fortemente l'arrivo di un erede a cui lasciare tra le mani questo porco mondo. Avete davvero tutta la mia stima, cari genitori o quasi. Io, sinceramente, a parte il piccolo dettaglio della mancanza di anche solo un abbozzo d'uomo con cui copulare, un figlio non so se lo farei. Non so badare nemmeno a me stessa, figuriamoci ad un infante che della vita non sa nulla e abbisogna della qualsiasi. Insomma, ci vuole un bel coraggio. 

Fatta questa breve premessa, tanto per dire la mia un po' su tutto, oggi in rete ho trovato due notizie che mi hanno alquanto sconvolta. Due beniamine del piccolo schermo hanno annunciato con gioia l'imminente arrivo delle loro creature. In principio fu la Fico (per ulteriori informazioni, leggete qui), ora tocca a Belen (anche di lei ho già parlato qui) e udite udite! a Carmen Russo. 

Ora, su Belen c'è poco da dire. E' una ragazza giovane, bella, nel pieno della sua età fertile, innamorata di un baldo ballerino, che sarà anche di poche parole ma intanto ha fatto centro. L'argentina ha dichiarato che, pochi istanti dopo aver conosciuto Stefano, capì che si trattava della sua metà della mela e che si sarebbe fatta ingravidare in tempo zero. Ha aggiunto che non le importa se questa gravidanza stroncherà la sua carriera di sex symbol. Non importa a te, figurati a noi! Sii felice, Belen, e buon cammino con Santiago (perchè il pupo si chiamerà così). Lo so, quest'ultima battuta era pessima, perdonatemi. 

Ecco, su Carmen Russo invece ho proprio bisogno di sfogarmi un attimino. La signora in questione tiene 53 anni e anche se si ostina a dire che questa gravidanza è un dono Dio, l'ha ottenuta con la procreazione assistita. E' appena ovvio che Dio non esista, anche perchè molte donne a quell'età sono già in menopausa. Sei vecchia amica, fattene una ragione. Ma ti ci vedi a 60 anni ad accompagnare il pargolo in prima elementare, a fare con lui la foto con il grembiulino al parchetto prima di andare a scuola? Ecco, queste cose mi lasciano assai perplessa. Le trovo proprio di un egoismo schifoso. Poi ognuno è libero di fare ciò che vuole, per carità, non voglio mettermi a fare la moralista, però no, dai, così non si può. Comunque lei invece lo chiamerà come uno dei santi a cui è devota. Molto bene. In ogni caso l'esistenza di questo bambino, non ancora iniziata, è già segnata dal disagio: faticherà a distinguere suo padre e sua madre perchè hanno gli stessi capelli da Mocio Vileda con taglio a scodellino e tutti abbiamo visto in diretta Tv suo padre piangere perchè aveva le emorroidi.*

Il mondo è bello perchè è marcio.

* Scusate, ma c'è qualcosa che merita di essere aggiunto. Leggendo meglio l'articolo da cui ho attinto questa succulenta quanto inutile notizia, ho notato che la soubrette ha dichiarato farà il massimo per vivere il più a lungo possibile. Ah beh, pensa che la gente di solito si impegna per finire sotto un tram e spreca ogni energia possibile per invecchiare velocemente. Come dice la mia amica Luana "mapppuoi?".











lunedì 22 ottobre 2012

Sei pensieri, non uno di più


Oggi ho fatto dei pensieri. Mi sono sembrati tanti, poi li ho scritti ed erano solo sei. 

Il primo pensiero è stato: "Cristo, ho avuto la febbre di venerdì, vomitato di sabato, lavorato di domenica, mi sono svegliata afona di lunedì. Bellammmerda." Vabbè, questo potevo anche non dirvelo. 

Il secondo pensiero è stato davanti allo specchio: "Hai un palese scompenso ormonale. Che cazzo sono tutti 'sti brufoli? Ah, già. Ieri in preda all'isteria ti sei mangiata un panino con la Nutella che nemmeno il piccolo Lucio. Stai a dieta, cretina! E poi nella Nutella ci sono lo zucchero bianco e l'olio di palma. Tu sei una radical chic  del cazzo e queste cose NON le mangi!" 

Il terzo pensiero è stato a pranzo: "Ma perchè secondo quelli della mensa i vegetariani devono crepare di fame?" 

E il quarto pensiero, immediatamente successivo è stato: "Tu manco se fai i digiuni ad oltranza come Gandhi muori di fame, tieni una riserva di grasso che neanche le foche monache!"

Il quinto pensiero è stato: "Dai, adesso vado a casa, mi svacco sul divano e mi dimentico di esistere". Poi succede che...avete presente quando uno arriva a casa e regna un'atmosfera surreale, non sai dire cosa c'è di troppo o cosa invece manca, ma non è più casa. Qualcosa stona. Forse sono io. Poi fai una domanda del cazzo. Una di quelle proprio inopportune, che mentre le parole escono dalla tua bocca il tuo cervello ti ordina di frenare ma è tardi. Appena la finisci deglutisci e aspetti con gli occhi spalancati una risposta che sia già che non arriverà. E infatti non arriva una risposta. Quello che arriva è molto più simile ad una sprangata sugli alluci. Non è un colpo mortale, ma è fastidioso. Vorresti le tue dita dei piedi integre e non provare del dolore inutile. 

Il sesto pensiero è stato: "Non ci voglio pensare e allora metto su David Bowie. Se dovessi scegliere una canzone, un'unica canzone da poter ascoltare per il resto dei miei giorni, sceglierei Space Oddity. Mi mette un misto di malinconia e allegria che è impossibile da descrivere. E' come quando vedo le foglie gialle e rosse in autunno. O come quando sento l'odore di sigaro alla vaniglia. O come quando sento il rumore di un bicchiere che cade e si rompe. Quelle cose lì, che non sai se piangere o ridere."

Spero vivamente che questo sia l'ultimo pensiero della giornata, perchè quando inizio a parlare come una sedicenne hipster fulminata mi faccio paura da sola. 

sabato 20 ottobre 2012

Nessuno mi può giudicare


Ultimamente pare che io abbia la faccia di una che sa fare benissimo un sacco di cose. Forse perchè son cessa, e allora uno dice “Vabè, figa non è, sarà almeno brava!”. Può essere. Fatto sta che essere ritenuti bravi in qualcosa crea delle notevoli ansie da prestazione, soprattutto quando tu sei pienamente conscio del fatto che quella cosa NON la sai fare. Vi ho confusi col delirio come al solito?

Ciò che intendevo dire è che è molto interessante osservare come le persone si facciano un’idea di te sulla base di non si sa bene cosa. Non mi sto lamentando, eh. Per intenderci, non mi ridurrò mai come quei decerebrati che come status su Facebook ritengono opportuno scrivere “Certa gente dovrebbe guardare se’ stessa prima di giudicare gli altri! Il giudizio degli altri per me non conta nulla, criticatemi pure, io rido!”. Ecco, no, grazie che me l’hai detto perchè mi veniva il dubbio che stessi rosicando. Quando a me delle cose non frega un cazzo io non ci penso proprio, figurati se ci scrivo uno status di Facebook, sai com’è.

Cosa stavo dicendo? Ah, sì. Le idee che gli altri si fanno di me. Ecco, dicevo, non mi sto lamentando perchè in realtà la gente su di me si fa dei bellissimi film. Le cose più assurde che la gente ha detto di me ultimamente sono:

“Hai veramente un ottimo gusto nel vestire!” Vorrei far presente a chi non mi conosce che io mi vesto solo ed esclusivamente con capi a tinta unita, preferibilmente il nero o se proprio sono allegra il grigio, e ho acquistato tutto ciò che c’è nel mio armadio (o meglio, sulla poltrona che utilizzo con tale funzione) su una bancarella del mercato o presso un cinese che non emette nemmeno mezzo scontrino però mi regala il “tacapanna”, ossia la gruccia.

“Avrai perso almeno dieci chili dall’ultima volta che ti ho vista!” Anch’io lo credevo. E invece no gioia, ne ho persi solo 4. SOLO 4. E per farlo mi sono nutrita di gallette di mais e bolle di azoto, nulla di più. E ho corso come una dannata, cosa che è difficile per tutti, figuriamoci se hai un culo pesantissimo da portarti dietro e lo sport più faticoso mai fatto in vita tua è stato il sollevamento del barattolo di Nutella.

“Sei una persona che ispira molta fiducia. Ti do la responsabilità di questo, questo e quello.” Ma anche no. Intanto ho sempre settemila cose da fare e quando non ho da fare godo del mio tempo libero, non sono come quelle persone che hanno la necessità di riempire ogni buco! (largo ai doppi sensi!). E poi sono distratta, tutte le persone che conosco hanno almeno un oggetto di mia proprietà in casa loro perchè dimentico sempre tutto. Sul dizionario alla voce “procrastinazione” c’è una mia descrizione (la foto no, perchè dissi che l’avrei mandata domani). In ultimo, io sono nata scazzata, non voglio essere responsabile di niente e nessuno, se potessi guadagnare stando seduta a grattarmi la passera lo farei (perdonate la scurrilità).

“Sarai piena di uomini che ti girano intorno!” Questa è l’apoteosi delle minchiate improbabili che la gente è disposta a pronunziare pur di sentirsi raccontare dettagli piccanti sulla tua vita intima. Tesoro, non c’è niente da sapere. Ho una vita sessuale intensa come quella di Rosy Bindi, credimi che se ci fosse trippa per gatti non sarei nemmeno qui a parlare con te.

“Tu sei bravissima a scrivere, vieni a fare un corso di blog!” Ecco, è un po’ come a chiedere ad Enzo Miccio di tenere una lectio magistralis di machismo e virilità. Ho reso l’idea?

In pratica, mettendo insieme tutte queste belle idee del cazzo, io sarei una ragazza stilosa, in buona forma fisica, affidabile, con una vita sessuale soddisfacente e, last but not least, una blogger di successo. Certo. L’importante è crederci.

mercoledì 26 settembre 2012

Rapido Ragguaglio


E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che ho scritto che mi ero perfino dimenticata la password. Ho finito col cambiarla, scegliendone una molto eloquente e oltremodo significativa in questo momento della mia vita. Questa non potrò dimenticarla.
Ok, ora che ho condiviso con voi il mio piccolo intoppo pre-scrittura, vi racconto come mai è passato tutto questo tempo.
Innanzitutto, sono andata in vacanza alcuni giorni, e si sa, la vacanza porta pigrizia. Mi sono dedicata ad alcune delle mie attività preferite: l’ozio, l’accidia, il dolce far nulla, l’ignavia, l’inerzia, il torpore. Ho reso l’idea? Ovviamente tutta questa poltronaggine, unita a quantità imbarazzanti di libri, dosi eccessive carboidrati, zuccheri e birre dopo un paio di mesi di dieta da fringuello, aveva portato a notevoli esperienze allucinatorie, il cui contenuto era destinato a finire nero su bianco, prima sulla Moleskine e poi sul blog.
Ma il ritorno al lavoro, assai traumatico, e alcune vicissitudini personali (quelle che io elegantemente chiamo “cazzinculo“) mi hanno assorbita, asciugata, privata dell’impeto creativo che avevo avuto in spiaggia leggendo Efraim Medina Reyes, bevendo Moretti come se non ci fosse un domani, e sparandomi seghe mentali a raffica insieme alle mie amichine del cuore.
La cosa che fa assai ridere è che scrivo minchiate random, quando sul famoso taccuino dalla carta color avorio ho una lista infinita di argomenti da sviscerare, intuizioni personali o suggestioni date dai lettori del blog.
Inoltre, non ci potrete credere, ma io, Internet addicted, recentemente ho scoperto la bellezza di allontanarsi dalle onde elettromagnetiche del pc e dello smartphone, infilarsi le sneakers e l‘Ipod e uscire di casa a camminare senza una meta. Mi piace avere la percezione del clima che muta (prima passavo giorni interi tra casa, lavoro e macchina e non mi rendevo nemmeno conto di che temperatura o tasso di umidità ci fosse), vedere che sta diventando autunno e tutti i giorni le cose hanno un colore diverso. Scusate lo slancio romantico, sono in pre-ciclo e mi emoziono facilmente.
E poi, un altro motivo (forse) per cui non ho più scritto è che ho poche, pochissime certezze. Il mio Karma è un gran burlone, negli ultimi tempi sono diventata bersaglio di scherni e derisioni da parte sua. Fa entrare e uscire dalla mai vita persone improbabili, mi fa accadere cose che mi destabilizzano, avere pensieri sconnessi e oltremodo perversi. Mi sembra di vivere nel Fantabosco o aver dato una smozzicata ai funghetti di Alice nel Paese delle Meraviglie.
E insomma, questo è quanto. Non ho intenzione di abbandonarvi, e anzi, durante i miei deliri vi penso e mi dico anche “dirò tutto a tutti un giorno, quando questa roba si trasformerà in un pensiero coerente”. Quindi, non abbandonatemi e siate fiduciosi.

domenica 2 settembre 2012

Sono fuori dal tunnel


Ogni tanto mi torna in mente l’adolescenza. Difficile dire quando l’adolescenza abbia inizio; mi accorgo guardando i “ragazzini” per strada che non so proprio identificare quel momento. Si vedono bambine chiaramente non ancora mestruate già truccate o abbigliate da “grandi” e bambini bassi e magri con la cresta sui capelli, i pantaloni larghi e la sigaretta in bocca.

Per me l’adolescenza è iniziata quando mi sono cresciute le tette. Mi sembrava che si ingrandissero ogni giorno. Credo di non aver mai messo la coppa A, ma di essere passata dalla libertà di non portare il reggiseno ad una abbondante coppa C direttamente. E’ una cosa spaventosa. Di colpo non sei più in grado di fare nulla nelle lezioni di educazione fisica e i maschi della tua classe ti osservano come se fossi una donna da copertina, cercando di toccarti appena ne hanno l’occasione. Poi vabbè, non parliamo di quando ti arrivano le mestruazioni e non sai a chi dirlo. Cioè, a parte la mamma, dico, magari le tue amiche non sanno cosa sono e le traumatizzi. Oppure tutte le hanno già e ti senti l’ultima arrivata. Sì, direi che le femmine diventano adolescenti quando mettono su seno e iniziano a pagare con il sangue il loro debito con il Signore, le famose “comode rate mensili”, che di comodo non hanno nulla, ma insomma, si fa per dire.

I maschi non lo so, forse iniziano a sentirsi grandi quando il loro pisellino inizia a far di testa propria. Immagino l’imbarazzo di un mattino, in cui, come al solito, la mamma viene a svegliarti con un bacetto in fronte, posando la tazza di latte e Nesquik sul comodino e nota un rigonfiamento sotto le lenzuola. Il suo bambino ha l’alzabandiera!  Che shock. Povere mamme. E poi quella cosa lì, che ti fa sentire fuori controllo, si ripete ad ogni piè sospinto: mentre guardi Candy Candy, mentre corri in fila indiana durante l’ora di ginnastica e davanti hai un culetto che sobbalza, mentre sogni, mentre sfogli il Postalmarket di mamma. Ho sempre pensato che nascere femmine fosse una disgrazia, ma ora che ci penso, se fossi nata maschio avrei avuto un tale conflitto con il mio ammennicolo che probabilmente sarei arrivata a tagliarmelo e darlo in pasto ai piccioni. Odio perdere il controllo.

Le cose che cambiano nelle femmine sono molte, e tutte imbarazzanti. Ti crescono i peli, ovunque, nessun centimetro di corpo viene risparmiato. Inguine, ascelle, braccia, gambe. Ma soprattutto, ognuna di noi ha vissuto il periodo monociglio + baffi. Ditemi se non è vero. Quando la mamma ritiene che tu sia ancora troppo piccola per spinzettarti o farti la ceretta. Le più fortunate avevano anche gli occhiali spessi (generalmente tondi) e l’apparecchio ortodontico. Poi ti crescono i fianchi, la pancia, e come già detto, il seno. E se il seno può anche farti piacere, perché ti accorgi che inizi ad essere guardata in modo diverso, senza dubbio la pancia e i fianchi cambiano il TUO modo di guardarti, e lo cambiano in peggio. Per chiudere i jeans devi sdraiarti sul letto senza cuscino, al massimo della distensione che il tuo corpo può concederti, tenere il fiato e agganciare il bottone all’asola. Poi ti alzi e ti senti morire. Annamo bbene. E le magliette, cazzo, tiravano ovunque e si sollevavano. Quel rotolino di pancia sembrava coperto fino all’attimo prima e poi  “slap!”, ecco che se ne esce sollevando la T-shirt. Che schifo.

I maschi anche, avranno i loro bei complessi.  Intanto, sempre con il loro coso che non risponde ai comandi cerebrali, avranno difficoltà di vestiario, perché magari i jeans sono troppo stretti e allora meglio la tuta da rapper. Poi penso che sia abbastanza imbarazzante vedersi quei peli ancora morbidi sul labbro, che non hanno ancora nulla della ruvidezza dei veri uomini. Non c’è nulla di grezzo e primitivo in quelle gambine rachitiche ricoperte di pelo batuffolo. E cosa c’è di virile in quella vocina stridula che esce proprio quando meno te l’aspetti, o quando meno la vorresti. E poi la faccia, che all’improvviso si ricopre di brufoli orrendi che ti fanno somigliare ad una pizza margherita. E i capelli unti e spessi che non hanno una forma e tocca rasarli o farli crescere, rischiando subito di essere etichettato come naziskin o metallaro o fricchettone.

Perché l’altra cosa tremenda dell’adolescenza è questa. Che devi scegliere da che parte stare. E magari tu proprio non lo sai da che parte stare, e finisce per stare un po’ di qua e un po’ di là o mischiare il qua e il là. Ragazzi, cha ansia. Ho avuto il periodo in cui ascoltavo i classiconi per ragazzine: Take That, Backstreet Boys, Hanson, Spice Girls. Utili, eh. Perché con i Take That impari l’inglese, con i BSB impari cosa vuol dire amare alla follia senza speranza di essere ricambiati, con gli Hanson impari che si può diventare famosi assemblando suoni casuali, con le Spice impari che le scarpe da ginnastica con la zeppa, che anni dopo ritroverai nell’armadio, forse non erano state un affare. Eppure ti era sembrato così, quando dopo aver stressato la mamma a livelli inimmaginabili avevi ottenuto quell’obbrobrio e ti eri schiantata la prima volta che le avevi indossate. Io e le mie amiche riuscivamo ad ascoltare quelle canzoni per ore, mentre provavamo trucchi, smalti e acconciature come se non ci fosse un domani. Intanto leggevamo giornaletti da femmina, ci scambiavamo vestiti e tutte le cose che facevamo avevano il solo scopo di confrontarci e capire se eravamo normali.  Poi c’è stato il periodo tamarro, poi musica italiana, poi reggae, poi ska, poi musica impegnata. Non esiste un altro periodo della vita in cu sei in grado di cambiare così tante volte idea sua qualcosa. L’elasticità di una mente adolescente è veramente inimmaginabile: sei un muro senza intonaco, su cui chiunque scrive ciò che vuole, che volte viene imbrattato dai vandali, scalfito da oggetti contundenti, mentre i tuoi genitori cercano di darti addosso un banalissimo bianco.

Dei maschi non sapevamo nulla, se non che si smanettavano in continuazione. Perché nessuno lo faceva in segreto. Non avevano, come noi, il tabù della masturbazione, loro lo facevano anche davanti a tutti, tra di loro, in qualsiasi momento. Io li schifavo, mi sembravano animali. Ma in effetti quell’edonismo, quella voglia di piacere immediato e superficiale, è solo la nostra natura più profonda. Quando diventi adulto capisci che per avere un rapporto sessuale è necessario avere una relazione dialogica, come minimo, e in qualche caso necessiti di una cena, un cinemino, un paio di birre. Quando sei adolescente invece sei solo un mammifero e pensi che ti basti annusare il culo a chi hai davanti per poterti accoppiare. Solo molto più tardi avrei cominciato ad apprezzare questa bestialità, che molto spesso noi donne reprimiamo, ma all’epoca ne ero assai spaventata.

E niente, queste sono le cose che penso quando vedo i ragazzini per strada, vedo futuri maschi e future femmine, avvolti nel bozzolo del loro essere ancora ibridi. Vedo la loro confusione, il loro mostrarsi diversi da come sono, la loro maschera adulta che copre il loro corpo bambino. Sono in tunnel da cui usciranno dopo un pezzo, poveracci,ancora  non lo sanno che sono solo all’inizio…

mercoledì 29 agosto 2012

Volemosebbbbene

Vi ho fatto attendere un po' questa volta. Dopo avervi vomitato addosso la mia vita (per la morte e i miracoli mi sto attrezzando), ho avuto un po' la percezione di avervi detto tutto.

E' un periodo molto tranquillo e sereno, incredibilmente senza tormenti particolari. Ho messo a posto un po' di cose della vita che volevo mettere a posto, è arrivata almeno una delle cose che aspettavo da tempo e incredibile ma vero, ho capito che per vivere bene bisogna fare delle cose per sè, prendersi cura, amarsi un po' (è come bere, più facile che respirare. Battisti docet). 

Anzi, forse amarsi un po' è proprio la chiave di tutto. Siccome sono un po' la reginetta dell'auto-mutuo-aiuto, mi piacerebbe condividere con voi alcune illuminazioni che mi sono giunte nell'ultimo periodo e che hanno contribuito dapprima alla mia presa di coscienza, ed in seguito al cambiamento. Perchè il cambiamento passa attraverso la presa di coscienza. E questa è la prima illuminazione. Dunque: 

  1. Il cambiamento passa attraverso la presa di coscienza: quindi, qualunque cosa desideriamo fare, dobbiamo prima renderci conto di come stanno le cose. Io, per esempio, una cosa che voglio tanto fare è dimagrire. Bene. Fin qui tutto chiaro. Però mi rendo conto che non sono in grado di resistere a un dolcetto dopo cena. Ecco,questo è il mio limite. Cosa faccio per superarlo? Lo condivido. Inutile fare finta di niente, dire "No, figurati e che me ne frega a me del dolcetto?". No, lo dico. Dico alla dietista "Amica, tu sei alta e magra come una pertica,  hai il metabolismo a 2000 watt, probabilmente prendi anche dei lassativi altrimenti non si spiega quella pancia piatta, e poi sono certa che bruchi un po' d'erba e sei già sazia, ma io no. Io ho FAME. E voglio un dolcetto." E la dietista mi accorda un pacchetto di Pavesini quando ho voglia di dolcetto. Facilissimo, no? Ecco, io una cosa che ho capito è che "vergognarsi" dei propri limiti è una cagata pazzesca. Bisogna vederli e farli vedere anche agli altri. Che tanto anche loro ne hanno, oh, se ne hanno! 
  2. Non avere paura: la seconda regola è non essere spaventati dalla vita. Qualunque religione abbiate abbracciato nella vostra vita, o quand'anche foste atei come sassi, avrete certamente capito che l'uomo passa la propria esistenza a tormentarsi e può eventualmente aspirare al proprio miglioramento. Quindi, quando vi sentite delle caccole, frenati dai vostri dubbi, afflitti dalle vostre insicurezze, oppressi dal senso di colpa, vessati dal timore, sappiate solo che è NORMALE. Tutti abbiamo i limiti, tutti ci facciamo i segoni (mentali e non), tutti siamo umani. Io ho sempre avuto una paura folle di tutto: di dire qualcosa a qualcuno, di fare cose, di vedere gente. E sapete qual'è il problema? L'autostima. Eh sì, è la bassa autostima che ci frega. Perchè non ci sentiamo in diritto. E invece, siamo al mondo? E allora è nostro diritto vivere, dire, fare, baciare, lettera e testamento. Così bisogna solo trovare un briciolino di coraggio e aprirsi al mondo. E' tutto qui. 
  3. Fidarsi dei propri sentimenti: lo so, sto diventando peggio di Osho, ma ve l'ho detto, mi sento illuminata. E in questo caso la folgorazione, senza nemmeno dover infilare le dita bagnate nella presa della corrente, mi è arrivata dalla mia amica Manuela, che un giorno mi ha detto: "Finchè tu parli di quello che provi, quello che senti col cuore e con la pancia, nessuno potra mai venirti a dire che sbagli, perchè dentro di te ci sei solo tu". Avete presente che razza di cambio di prospettive può darvi questa cosa? Cioè, se parlo di quello che sento, dell'immateriale, delle sensazioni, nessuno può contraddirmi. E' qualcosa di meraviglioso. E allora l'ho fatto. Ho fatto quello che finora non avevo mai fatto perchè pensavo di prendermi delle padellate in faccia. Ho detto i "sento di volerti bene" che dovevo dire, i "sento di amarti" che dovevo dire, i "sento che così non funziona" che volevo dire. Il tutto senza un minimo di senso di colpa o indecisione. Perchè nessuno può venirmi a dire che non è vero, e anche un po' perchè io valgo. E non solo perchè uso lo shampoo L'Oreal, ma perchè davvero non ho nulla di meno di qualunque altro abitante di questo pianeta. Sul fatto che dentro di me ci sono solo io, beh, è vero. Ma siccome sono convinta che la positività attiri positività, spero ci entri presto anche qualcun altro. Famo a capisse. 
  4. Pazientare: ecco, quando Dio distribuiva la pazienza io stavo tirando calci e pugni agli altri che erano in coda perchè ci stavamo mettendo troppo. Sono una cazzo di Ariete, e il talento dell'attesa proprio non lo possiedo. Però ci sto lavorando sopra. Quando le persone mi dicono "Ogni cosa a suo tempo", io solitamente fremo dalla voglia di creparli di mazzate. Poi però mi dico anche che forse è vero. Forse c'è un tempo giusto per tutto. Sono anche un po' una naturalista, io. E mi dico: la natura ci spiega perchè bisogna aspettare...bisogna aspettare nove mesi perchè nasca un bimbo con tutte le cose che un bimbo deve avere, bisogna aspettare che la frutta sia matura perchè possa essere buona da mangiare. Insomma, se aspetti un po' ti annoi, sei frustrato, cambi idea cento volte, ma quel che importa è che alla fine lo cose saranno perfette. Perfette magari no, ma come devono essere. 
  5. Metterci del nostro: se vi fermaste al punto 4 potreste pensare che la passività e il semplice scorrere del tempo ci faranno un giorno essere felici. Eh, nel Regno dei Cieli forse. Ma siccome io non ci credo nel regno dei cielo e sono sicura da morta sarò solo un mucchietto d'ossa (non so nemmeno più se ci siano le ossa, visto che da tempo il lardo ha preso il sopravvento) e un bel ricordo nel cuore di qualcuno, penso che invece dobbiamo proprio darci dentro nella vita. Quindi dobbiamo impegnarci, buttarci, fare cose, vedere gente, senza paura. E amarci un po', e fare dunque le cose che di fanno stare bene.  Eh lo so, è un po' banalotto come discorso. Però cazzo, se io mi diverto a fare le conserve, piuttosto che a stare svaccata in un prato tutto il pomeriggio a guardare le nuvole che passano, o che mi piaccia ballare o salutare tutti dal finestrino della macchina, ma chi sono gli altri per venirmi a dire che sbaglio, che perdo tempo, che spendo soldi inutili o che mi sto facendo una figura di merda? Eh, chi sono? SANO egoismo is the way. 
Vi ho illuminati un pochino? No. Allora fatevi un bel bagno caldo e buttate il phon acceso nella vasca. Ciao. 



domenica 12 agosto 2012

Autobiografia


Era l'ora del tè di un giorno di primavera. La gente aveva appena finito di scherzare per i Pesci d’Aprile ed era tornata seria perché stavo per nascere. Mi sono presentata al mondo di faccia; posizione insolita per un feto. Devo aver pensato che se proprio dovevo vivere, allora tanto valeva non nascondersi. Non sono stata "sfagiolata", ma "asportata" dal corpo di mia madre come una brutta malattia. Questa cosa un po' mi rode: forse è per questo che sono nata senza fiato e poi non ho quasi mai pianto.

Ho iniziato a disegnare molto prima di imparare di parlare. Papà era preoccupato per il mio mutismo; a mamma tutto sommato invece andava bene così, perché aveva comunque un'ottima arma di ricatto contro i capricci: mi minacciava di rubarmi i pastelli e io diventavo molto obbediente.

Sapevo camminare già da tempo, dal mio primo Natale, ma prendevo sempre la strada sbagliata: a volte scappavo con la gente che incontravo per strada e non mi facevo più trovare; spesso cadevo, in particolare quando non venivo guardata. 

La prima frase intera che ho pronunciato è stata: "Non voglio mai più che tu venga a casa mia!". La dissi a mio zio che aveva "rubato" la palla a mia cugina. Una negazione, un avverbio di tempo dai tratti estremisti, un verbo ben coniugato, un’azione di protesta e difesa di qualcuno. Una sola frase, ma di me si poteva già capire tutto. 

La mia infanzia l'ho trascorsa a disegnare. Ricordo poco altro: i colori, la bicicletta, l'hula-hoop, i libri, gli insetti, la campana del vetro in piazza. Il primo disegno che ricordo è un cielo stellato. Un altro è un uovo dentro la pancia di mamma. Poi mi ricordo la Panda bianca, le gite della domenica, le canzoni di Bob Dylan, Tracy Chapman, DeAndrè e Battisti.

Ricordo il primo incubo, che mi ha perseguitata per anni: una vecchia cattiva con il braccialetto di mia mamma. E poi ricordo il secondo incubo: papà non risponde al telefono perché è morto.

Mi ricordo che la notizia che sarei diventata sorella maggiore mi fu data mentre mangiavo l'insalata di riso a bordo piscina in un pomeriggio d'estate. Aveva un gusto strano quell'insalata. E anche quella notizia.

Il primo trauma è stato il trasloco dal paese alla città. Avevo visto 40 bambini in tutta la mia vita e poi in un giorno solo ne ho visti 30 tutti insieme. E non ne conoscevo neanche uno. E poi le suore. Mamma e papà, per non avermi tra i piedi durante il trasloco, mi avevano mandata dalle suore. Non potevo stare con la mia famiglia, dovevo stare nella famiglia del Signore. Sì, ma non era la mia!

Delle medie ricordo la noia, il primo colore cambiato ai capelli, il primo bacio, le cose fatte di nascosto. Le prime angoscianti, terrificanti, inquietanti mestruazioni, arrivate mentre facevo i compiti di geografia. E ricordo quaderni interi riempiti di disegni. Disegnavo in particolare donne: quello in cui avrei voluto trasformarmi. Erano bellissime, procaci, avevano gambe lunghissime, seni sodi e capelli fluenti. A me non è andata proprio così.

Da lì in poi ho potuto fare affidamento solo più sul mio cervello e il mio cuore. Il fisico non ha più risposto. Mangiavo pochissimo e ingrassavo a dismisura. Sono iniziate le diete, le dita in gola, le abbuffate notturne,  le notti in ospedale, gli sguardi arrabbiati con mamma. Forse è qui che ho ricominciato a nascondermi, a non essere più sicura di quello che dicevo, a pensare che avrei voluto essere ancora come quella bambina che per prima cosa aveva fatto vedere a tutti la sua faccia e in seguito aveva sputato una sentenza.

E’ arrivato il momento del liceo e ho sbagliato strada. Del resto io ho imparato a disegnare come prima cosa, non a parlare. Perché allora studiare quattro lingue e non imparare invece i nomi di tutti quelli che avevano disegnato prima di me? Io sentivo quello che la voce dentro mi diceva. Erano quelli fuori di me che non riuscivano a sentirla.

Ogni anno un crollo emotivo. L’arte mi perseguitava, io ero in perenne dubbio se seguirla o ascoltare i genitori.

Poi sono arrivate le cose brutte e dell’arte non me ne è più importato nulla. In inverno è arrivata una notizia assurda, spaventosa, inaspettata e tremenda. Insieme a lei sono arrivati i segreti, le urla, la rabbia, la solitudine, la testa a penzoloni dal balcone. E poi, lentamente, era di nuovo un giorno di primavera. Il primo. Ma non si poteva gioire di quei fiori che stavano nascendo, né di quel sole che iniziava a scaldare i nostri cappotti neri mentre guardavamo una bara attraverso grandi occhiali scuri. 

A questo punto c’è di nuovo un tratto nero, in quel disegno lungo ventisei pagine che è la mia vita. E’ nero, come la stanza con le persiane chiuse in cui ho vissuto per un mese. E’ nero, come quella palla malata che stava nella mia pancia e di cui non riuscivo a dimenticarmi. E’ nero, come il sentimento che sto provando mentre schiaccio i tasti del pc. E’ nero, come le mie pupille ingigantite dal pianto ora e allora. E’ nero come il buco in cui infilavo le persone che non volevo intorno e in cui ero scivolata mio malgrado. E' nero come il vuoto. E’ nero come la poltrona nello studio della dottoressa vista ogni settimana per tre anni. 

Non riesco a ricordare quando ho ricominciato ad usare i colori, quando sul foglio ormai interamente scarabocchiato di nero sono comparse delle macchioline rosse, verdi, gialle. So che erano rosse, verdi, gialle, ma non so quando sono arrivate. So che erano piccole e sono arrivate un po’ alla volta. Tratti neri e tratti colorati mischiati nel foglio successivo.

E’ stato allora che sono diventata grande. Da lì in poi nella mia testa ci sono cose adulte: c’è la macchina, c’è la musica impegnata, ci sono letture di un certo livello, c’è lo studio nove ore al giorno, ci sono tre case, ci sono io da sola, ci sono io in compagnia, ci sono mamma e papà che diventano altro da me, c’è la laurea, ci sono scelte da grande, ci sono tante visite mediche inconcludenti, c’è il lavoro, c’è l’amicizia che sei certa che sia vera e poi non è, ci sono tantissimi amori che appena finiscono dici “non sono mai stata innamorata”.

E adesso cosa c’è? Adesso c’è che ieri riflettevo sul fatto che la “voglia” di disegnare non esce più da un bel po’ di tempo. Si è forse trasformata in voglia di scrivere? O in voglia di lavorare? Potrebbe anche essersi trasformata in voglia di cucinare e fare delle cose belle per soddisfare gli occhi e la pancia delle persone. In fondo l’arte, così come la cucina, riempie gli occhi e la pancia. Emozioni e cibo sono la stessa cosa. E ho evidentemente un rapporto estremamente complesso con entrambi. C’è voglia di cose belle, c’è voglia di cose vere. C’è voglia di stare bene.

sabato 11 agosto 2012

Cinquanta sfumature di SFIGA


Dieci cose che mi sono successe, ma non posso credere che mi siano successe, però mi sono successe:

1)      Al numero uno, senza dubbio, un episodio della mia vita che raramente ho raccontato a qualcuno. Una specie di apoteosi della sfiga. Credo che nessuno mai potrà battermi. Un po’ di tempo fa, non ricordo bene l’anno esatto, era in corso una cena in casa mia. La casa era piena di ospiti, ci si stava divertendo. Ad un certo punto sento l’esigenza impellente di recarmi alla toilette. Mi chiudo a chiave, accomodo le mie possenti chiappe sulla tazza di ceramica, inizio a… insomma… stavo facendo la cacca (e anche questo argomento l’abbiamo sdoganato!). Ad un certo punto sento tutto tremare. Sento gli ospiti che urlano ed escono di casa. Ebbene sì, era in corso un terremoto. Una bella scossa violenta. Morale della favola: con le mutande alle caviglie, cado dal water genuflessa tipo “mi è apparsa la Madonna” e mi sbuccio le ginocchia. Inutile dirvi com’è finita la serata: una volta passato lo spavento per il terremoto, ho dovuto raccontare agli ospiti la mia disavventura, suscitando l’ilarità generale.

2)      Sono stata chiamata per un lavoro full-time a tempo indeterminato durante la settimana di Ferragosto, avendo mandato un solo curriculum. Questa è l’apoteosi della fortuna, peccato solo non averlo poi ottenuto, dopo 4 strazianti colloqui in piena estate, col pantalone lungo, i tacchi, e la camicia che sudavo dagli occhi solo a guardarla. Peraltro pochi giorni fa mi è ri-successa la stessa cosa. Della serie “non è vero che i fulmini non cadono mai due volte nello stesso punto”.

3)      Una volta ho segato da scuola per seguire il ragazzo che mi piaceva. Facevo forse prima liceo, ero brutta come il culo di un babbuino, con le sopracciglia depilatissime, il trucco pesante e la panza che strabordava dai jeans. Ero molto innamorata di un tamarro di periferia che, manco a dirlo, non era nemmeno a conoscenza del mio essere al mondo.  Beh, quel giorno avevo deciso di scendere dall’autobus alla sua fermata e seguirlo per vedere dove andava. Ad un certo punto lo perdo di vista e inizio a correre, in mezzo alla gente, perché stavo attraversando un mercato, mi inciampo e cado rovinosamente sui cubetti di porfido del centro. Di faccia, chevvelodicoaffare. Tiro su la testa, e in mezzo alla folla che se la rideva, mi trovo davanti il mio amato tamarro. Mi aveva vista ed era venuto a tirarmi su. Con il sangue che colava dal naso l’ho salutato calorosamente. Inutile dirvi che non l’ho mai più visto, se non ogni tanto per strada sfrecciare con la sua macchina con i neon montati sopra tipo navicella aliena. Inutile dirvi anche che sono arrivata a casa col setto nasale deviato e ho dovuto spiegare tutto ai miei genitori.

4)      Ho scritto una poesia per un commesso di un supermercato di cui mi ero invaghita e che sapevo che stava per cambiare lavoro. Avrà avuto qualche anno in più di me, era biondino e carino. Avevo già almeno diciott’anni e nonostante fossi già una giovane intellettuale sinistroide,  gli ho scritto una poesia che faceva tipo “Caro commessino, come farò al mattino, senza di te che mi porgi lo sfilatino?”. Non sto a dirvi le altre rime che sennò andiamo sul piccante. Gliel’ho fatta consegnare da una collega e nella busta ci ho messo il numero di telefono. Deve aver pensato che avessi dei problemi psichiatrici gravi e ovviamente non sono mai stata chiamata. Comunque questa non è una cosa che mi è successa, me la sono cercata.

5)      Luglio. Trentasette gradi Celsius. Grado di umidità: millemila unità (?!?). Sono a casa in mutande e reggiseno a mangiare ghiaccioli davanti al ventilatore. Deve passare da casa mia zia a prendere un libro. Suona il campanello. Mi reco alla porta con il libro già in mano, rimanendo in biancheria intima che tanto insomma, mia zia m’ha vista nascere. Apro. Invece era il corriere che portava un pacco. Mi squadra con gli occhi un po’ sgranati e tutto ciò che riesco a dire è: “Cazzo! Scusi l’abbigliamento!” e lui “Si figuri, signorina, fa caldo!”. Bella figura di merda. E anche bella prima scena per la sceneggiatura di un porno banalissimo da inserire nella sezione BBW.

6)      Da piccola tutto ciò che desideravo era una salopette. Lo so, un capo d’abbigliamento inutile, ma tutti i bambini ne avevano una e io no. Così un giorno lagno mezz’ora e mia madre decide che è arrivato il momento: “andiamo a comprare questa cazzo di salopette!”. Arriviamo al mercato, la trovo, la provo, mi piace. Tanto da non volerla togliere nel tragitto fino a casa. Saltello felice nella mia salopette di jeans e ad un certo punto mi inciampo. Cado genuflessa (non so perché cado sempre in ginocchio, è una specie di regola per me, come i gatti che cadono sui loro…gommini…o come si chiamano) e la salopette si squarcia su entrambe le ginocchia. Mi è successa anche una cosa simile la prima volta che ho rotto i coglioni a mia mamma per poter uscire in minigonna e tacchi (una volta ero magra). Ero poco più che una bambina, ma avevo voglia di sembrare più grande. Una volta ottenuto il permesso, appena uscita di casa, sono caduta. “Toh guarda! Una mignotta ferita sul ciglio della strada”, devono aver pensato i passanti.

7)      Sono stata fermata dai carabinieri tornando a casa da una serata di sole donne, l’8 marzo. Ero casualmente sobria, in quanto un mal di testa epocale mi aveva colpita e avendo preso un tot d aspirine non avevo potuto brindare alle mestruazioni insieme alle mie amiche (forse per questo riesco a ricordare che avevamo brindato “Alle mestruazioni!” in tutte le lingue in cui sapevamo dire “mestruazioni”). Comunque, loro invece erano ubriachissime. Sul sedile dietro, una vomitava, l’altra dormiva e davanti insieme a me (che ero alla guida) ne avevo una a cui era presa la ciucca allegra e non smetteva di dire cazzate. Quando ci hanno fermato i carabinieri lei è scesa, ha fatto vedere le cosce al carabiniere e ci hanno lasciate andare.

8)      Quando ero piccola mia nonna mi obbligava ad andare a messa con lei. Io ero già una piccola bestia di Satana, ma molto rispettosa degli anziani, quindi la seguivo, portandomi però dietro le statuine dei Puffi o le Barbie per giocare sotto il banco (si chiamano banchi, no, le panchine della Chiesa?) perché di preghiere e prediche proprio non me ne poteva importare di meno. Una volta devo aver mimato uno strano episodio tra un Puffo e una Barbie e mi sono messa a ridere fortissimo, non riuscivo proprio più a smettere. Avevo le lacrime, non respiravo più e facevo il classico “risucchio” per cercare di prendere fiato. Il prete si è inviperito e mi ha cacciata dalla sua Chiesa. Era l’anno in cui avrei dovuto (e sottolineo dovuto) fare la Prima Comunione e mia nonna, strigliandomi sulla strada di casa, si era messa a piangere pensando che il Don non me l’avrebbe più fatta fare. Quanti dispiaceri ho arrecato alla mia catto-famiglia!

9)      Un altro bell’episodio, che riguarda la mia breve ma intensa vita cattolica, fu la confessione prima della Comunione (la nonna aveva convinto il Don a lasciarmela fare!). La prima confessione ufficiale. Ci spiegano il concetto di peccato, ci dicono che dobbiamo ripulirci l’anima, ecc…Io avevo otto anni. Che cazzo di peccati potevo aver commesso? Qualche toccatina? Qualche imprecazione? Boh, forse, non mi ricordo. Fatto sta che mi ricordo esattamente il peccato che confessai al prete: gli dissi di sentirmi molto in colpa per aver starnutito mentre bevevo il caffelatte ed essermelo fatto uscire dal naso sporcando tutto il tavolo. Ero una bambina molto fantasiosa.

10)   Riassumo in questo ultimo punto tutte le cose della mia vita che ho fatto e cerco quotidianamente di rimuovere dalla mia memoria: un corso di clownerie;  un corso di pittura su ceramica; due anni di canto lirico; spettacoli teatrali imbarazzanti in cui ero truccata come una battona di fronte a un teatro pieno; andare a giocare a ping pong con gli sfigati della scuola al pomeriggio;  un corso di latino (la lingua, non il ballo) il sabato pomeriggio alle medie per prepararmi psicologicamente alla dura vita del liceo (ho sempre avuto una mamma molto premurosa);  due dichiarazioni d’amore molto particolari, di cui una di notte in mezzo alla neve, con venti gradi sotto zero, finita ammmerda perché l’uomo in questione mi ha detto che mi voleva bene come a una sorella e l’altra finita con un mezzo stupro in una biblioteca, perché il mio compagno di studio di cui mi ero invaghita evidentemente non aspettava altro; ce ne sono sicuramente altre, ma dopo aver rimembrato tutte queste belle cose mi si è inceppato il cervello.



P.S. La prima frase è spudoratamente copiata http://www.ibs.it/code/9788887433364/morozzi-gianluca/dieci-cose-che.html. Gianluca Morozzi, se dovessi casualmente capitare su questo blog, sappi che ti amo. 



martedì 7 agosto 2012

Real Time: una TV un perchè. Già, perchè?

Il digitale terrestre! Ah, che magnifica quanto inutile invenzione! 

Tra l'infanzia e l'adolescenza ho avuto un periodo di forte dipendenza dalla TV. Prima i cartoni, poi Non è la Rai, poi la serie infinita di telefilm anni Novanta. Beverly Hills (io dormivo con la maglietta di Dylan, se non ce l'avevo non dormivo), Bayside School, fino ad arrivare al più moderno Dawson's Creek. Poi la carenza di proposte di interessanti da parte dei palinsesti televisivi e l'avvento di Internet hanno fatto sì che mi allontanassi molto dalla TV. Non parliamo dell'ADSL flat e Facebook. Proprio la TV poteva bruciare. 

Ma da quando è arrivato il digitale terrestre, e con lui nuovi canali, ho una nuova dipendenza: Real Time. Lo so, fa cagare a spruzzo. Ma cosa volete che vi dica? E' dai tempi di Beverly Hills e Baywatch che coltivo il mio gusto per il trash. Ho anche visto un paio di film di Nino d'Angelo. 

Comunque, ciò di cui vi voglio parlare oggi è proprio il palinsesto di Real Time. Una varietà di cazzate che non si vedeva in TV da tempo immemore. Credo che nemmeno i canali Mediaset siano arrivati a trasmettere un simile numero di programmi così stupidi in loop, senza intervallarli nemmeno con un TG, per quanto farlocco. 

Partiamo dai programmi più di moda, quelli che tutti conoscono, anche i non RealTime-addicted

  • Ma come ti vesti?: sarebbe scontato dire "ma come minchia vi vestite voi, invece?". Non facciamo i banali, dunque. Parliamo piuttosto del dramma interiore di Carla Gozzi, donna dall'età assolutamente indefinibile, che non è più in grado di spiccicare una parola in italiano, tanti sono i termini tecnici anglofoni e francofoni della moda che ha dovuto imparare per rendersi più furba agli occhi degli altri; "con questo autfit sei davvero fescion, glemur e assolutamente cul. Quella beg color pinc sta da dio, spezza il tuo luc total blec e questo necleis iellou si intona che è una meraviglia". Ah, Carla, ma che cazzo stai a dì? E parla come mangi, no? Ah già, non mangi. Pesi 32 chili. Farai come la Parodi tu, che puccia il dito, lo lecca, dice "Cotto e mangiato!" e bon, è sazia. E a tenere compagnia a Carla c'è il buon Enzo Miccio. Un uomo che ha fatto dell'eleganza (!?!) e della gaiezza i suoi cavalli di battaglia. Si veste di merda,  ha un fisico da palo della luce, ma è tanto contento lui. Ha sempre gli occhi sognanti che hanno le spose il giorno del matrimonio. E' senza dubbio gay(issimo) ma ama le donne più di sè stesso (no vabbè, più di sè stesso no). Non è mai triste, non  ha mai il morale sotto le scarpe (di Prada, ovviamente). Un po' voglio bene ad Enzo.
  • Paint your life: Barbara ama il riciclo, il riuso, le cose fatte a mano, il dar nuova vita agli oggetti. E' una creativa, lei. E' un po' una Giovanni Muciaccia al femminile. Purtroppo però deve esserle sfuggita di mano la situazione. Oltre a dipingere le pareti di colori e fantasie improponibili, tiene cose inutili nella speranza di avere un'idea geniale per riciclarle, raccoglie cose chiaramente irrecuperabili in discarica e realizza cose ancora più inutili dell'oggetto di partenza. Di solito la vanno a trovare amiche creative come lei, che fanno gioielli importabili (forse solo Rita dalla Chiesa li metterebbe, lei si appenderebbe anche i lampadari alle orecchie, se potesse). Queste amiche sono tutte acide come lo yogurt greco, non ce n'è una che trombi abbastanza. Si circonda altresì di florist rigorosamente omosessuali (su cui però fa dei pensieri impuri) che mettono una canna di bambù in un vaso e la chiamano "composizione verticalizzata di sto cazzo per dare un tono all'ambiente". 
  • Cucina con Ale: qua deluderò molte lettrici, me lo sento. Alessandro Borghese piace molto alle donne. Guardate, anch'io lo trovo un ragazzo belloccio. Se sta fermo. E zitto. Odio la sua parlata: "alle diesci e diesci vi aspetto in cuscina per mettere un po' di mentuscia fresca su ogni cazzo di piatto di merda che farò!". Odio come si muove in cucina: fa pasticcio, sporca dappertutto, non ha stile, oltre al fatto che suda e ansima sui fornelli come se stesse correndo una maratona. Poi diciamocelo, Alessandro Borghese sta alla cucina come io sto alla fisica quantistica. Cioè 'nsomma non ne capisce una mazza chiodata. E poi fa il figo che ne sa di musica, mettendo una canzone un po' rock a fine programma. Metti la testa in forno e dai gas, Borghese. 
  • Il Boss delle Torte: sarà che l'unica serie TV con cui mi sono infognata in vita mia è stata I Soprano, ma io a Buddy voglio bene assai. Gli italo-americani mi piacciono, mi fanno ridere, mi fanno piangere, mi aiutano a coltivare la mia passione per il trash. Poi lui fa i dolci, e io sono pazza per i dolci. Sì, lui li fa di legno e poi li ricopre di glassa, ma fa lo stesso. Bravo Buddy. Solo una cosa: pigliati un po' di Lexotan ogni tanto, che sei un pelino nervoso.
  • Clio Make Up:  "Cara Clio, vorrei un make up sobrio ed elegante per andare ad un vernissage d'arte moderna. Mi piacerebbe non essere però banale, insomma, vorrei che mi notassero". Hey amica, l'hai detto tu, eh! Mò non lamentarti se Clio ti trucca con le sue palette multicolor, i suoi blush, i suoi gloss e tutt'e cos' e tu sei pronta per un bel giretto in tangenziale. Lo sapevi già che andava a finire così. 
  • Cucine da incubo: Gordon Ramsay è una sorta di Dio in terra della cucina. Ha scritto mille libri, condotto mille programmi, ha un videogioco che parla di lui, ha 12 stelle Michelin, non so quanti ristoranti, è perfino stato insignito dell'onoreficenza di Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico. Così, a caso. La cosa che mi sta proprio in culo di lui è la sua avversione per i vegetariani, mentre come ben sapete io sono un'attivista, ma pazienza; Gordon resta un uomo da stimare anche solo per il fatto che dice più "fucking" lui in una frase di quanti "capra" riesca a dire Sgarbi in una vita intera. 
In ultimo, anche se ci sarebbero ancora mille cose da dire (tipo sui capelli di Paola Marella, sui budget di quelli che cercano casa "non è molto alto, solo tre milioni di euro", tipo di quella psichiatrica che viene a guardarti sotto il tappeto se c'hai la polvere a Cortesie per gli ospiti, tipo sui rintronati che si sposano a Villastocazzo di Roccaminchiona e chiamano i Wedding Planners...) parliamo di qualche format forse un po' meno conosciuto ai più, ma che i veri seguaci di Real Time sicuramente non avranno potuto fare a meno di vedere: 

  • Non sapevo di essere incinta: No, ma amica, spiegami, come potevi non saperlo? Hai avuto un rapporto non protetto nove mesi fa, da nove mesi non hai il ciclo, hai vomitato l'anima sei mesi fa, hai preso otto chili...possibile che non ti sia passato per l'anticamera del cervello il pensiero di essere stata ingravidata? No, hai dovuto aspettare di sfagiolare un bambino nella vasca mentre ti facevi un bagno caldo perchè avevi i crampi alla pancia di notte. Ah beh. 
  • Sepolti in casa: Se non avete mai visto questo programma, vi prego, non guardatelo. E' la cosa più assurda ed inquietante che una mente umana potesse partorire. Secondo me Tarantino potrebbe impallidire (più di quanto non sia già pallido) di fronte allo schifo di questo format. Praticamente ci sono questi tizi assurdi che soffrono di una malattia psichiatrica chiamata "accumulo compulsivo". Tengono la munnizza fino a riempire la casa, non lavano mai, arrivano a vivere circondati da ragni, scarafaggi, merde di topo e batteri grossi come quel mio amico che fa body building. Robe raccapriccianti. E i parenti che dicono "Eh, ma se gli buttiamo via le cose si arrabbia!". Ma che problemi avete? Mandate in vacanza il mentecatto e bruciategli la casa, per favore! 
  • Sos genitori: va beh, chevvelodicoaffare. Ci sono dei bambini simpatici come uno stuzzicadenti nel culo (di traverso) e teneri come Godzilla con dei genitori idioti. Arriva una tata il cui nome ricorda vagamente un prodotto surgelato (Jo Frost, N.d.A.) e li mette tutti in riga.
  • Abito da sposa cercasi: siamo all'apoteosi della stupidità femminile e del non sapere più che cazzo trasmettere in televisione. Un programma su delle ragazze che si devono sposare e cercano il loro abito dei sogni, che normalmente costa una cifra esagerata e loro piangono finchè qualche parente ricco non glielo compra. Oppure si indebitano per comprarselo. Secondo me qualcuna da anche via il culo. Adesso fanno anche la versione XXL per le spose obese. Idiote come quelle magre, ma con in più il problema dei chili di troppo. Emminchia, ce le hai proprio tutte!
  • Pazzi per la spesa: questa per me è una scoperta recente. Il programma parla di alcune persone che secondo me erano a un passo dal suicidio tanto la loro vita era triste, e a cui i coupon hanno ridato la gioia di vivere. Raccolgono migliaia di buoni sconto, fanno una spesa allucinante con tipo otto carrelli e  praticamente non la pagano. Cosa se ne facciano poi di 400 rotoli di carta igienica (vabè, tanto uno cagare caga, si spera fino alla fine dei suoi giorni), 5000 pacchetti di gomme (vabè, tanto uno masticare mastica, soprattutto se ha l'alitosi), 250 vasetti di pummarola (vabè, facciamo tanto tanto sugo), insomma, lo sanno solo loro. Ma belli che sono, tutti felici della loro inutile spesa, con le cantine piene di scaffali ingolfati di cibi in scatola che venisse mai una guerra o una crisi mondiale loro ne hanno per tutto il quartiere. 
Va bene, va, la finisco qua che direi che vi ho ammorbato abbastanza. Vi è salita un pochino l'autostima, no?