LIBERE ASSOCIAZIONI
Da bambina, con i miei genitori, ogni
domenica si faceva un giro in macchina. Il mitico Pandino bianco e l’audiocassetta di Bob Dylan. Cantavo forte parole
sconosciute e fuori dal finestrino le colline ci seguivano, come fotogrammi di
un film spinto avanti veloce.
Papà mi raccontava di quando da giovane (e non aveva trent'anni) andava in giro
a cantare con la chitarra e l'armonica a bocca come il suo idolo. Pensavo:
"voglio sposare papà". Poi la fissa dell'uomo con uno strumento musicale
in mano m'è rimasta. Mi innamoro delle chitarre e di chi ci sta dietro. A volte
la sera gli chiedevo "per favoooreee" di suonare qualcosa. Poche volte mi
diceva di sì, ma quando lo faceva ero la bambina più felice del mondo. Sedermi
vicino a lui sul divano e guardare le sue mani giganti muoversi sulla chitarra
mi faceva venire voglia di piangere e cantare. Proprio come in questo momento. Man
mano che diventavo grande ho avuto sempre meno rapporto con mio papà. Lavorava
sempre, non lo vedevo mai. Poi sono diventata un'adolescente, e come tutte le
adolescenti ho iniziato a detestarlo senza un motivo. Ma qualcosa da lui lo
volevo ancora. In terza media feci la "tesina" su Bob Dylan. Suonai
"Blowing in the wind" con
il flauto dolce davanti alla commissione. Tradussi il testo della canzone
dall'inglese. Misi una bella foto in bianco e nero sulla copertina. E in quella
foto io ci vedevo papà. Oggi ho ventisei anni e un rapporto piuttosto freddo
sia con mio padre che con gli uomini in generale. L'anno scorso ho chiesto a
papà di andare insieme e vedere Bob Dylan in concerto a Milano e mi ha detto di
no. Ho pianto tantissimo. Quest'anno a vedere Bob Dylan ci andrò davvero, senza
papà. Ma quando Bob salirà sul palco so che vedrò papà e rimarrò senza fiato.
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