mercoledì 26 settembre 2012

Rapido Ragguaglio


E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta che ho scritto che mi ero perfino dimenticata la password. Ho finito col cambiarla, scegliendone una molto eloquente e oltremodo significativa in questo momento della mia vita. Questa non potrò dimenticarla.
Ok, ora che ho condiviso con voi il mio piccolo intoppo pre-scrittura, vi racconto come mai è passato tutto questo tempo.
Innanzitutto, sono andata in vacanza alcuni giorni, e si sa, la vacanza porta pigrizia. Mi sono dedicata ad alcune delle mie attività preferite: l’ozio, l’accidia, il dolce far nulla, l’ignavia, l’inerzia, il torpore. Ho reso l’idea? Ovviamente tutta questa poltronaggine, unita a quantità imbarazzanti di libri, dosi eccessive carboidrati, zuccheri e birre dopo un paio di mesi di dieta da fringuello, aveva portato a notevoli esperienze allucinatorie, il cui contenuto era destinato a finire nero su bianco, prima sulla Moleskine e poi sul blog.
Ma il ritorno al lavoro, assai traumatico, e alcune vicissitudini personali (quelle che io elegantemente chiamo “cazzinculo“) mi hanno assorbita, asciugata, privata dell’impeto creativo che avevo avuto in spiaggia leggendo Efraim Medina Reyes, bevendo Moretti come se non ci fosse un domani, e sparandomi seghe mentali a raffica insieme alle mie amichine del cuore.
La cosa che fa assai ridere è che scrivo minchiate random, quando sul famoso taccuino dalla carta color avorio ho una lista infinita di argomenti da sviscerare, intuizioni personali o suggestioni date dai lettori del blog.
Inoltre, non ci potrete credere, ma io, Internet addicted, recentemente ho scoperto la bellezza di allontanarsi dalle onde elettromagnetiche del pc e dello smartphone, infilarsi le sneakers e l‘Ipod e uscire di casa a camminare senza una meta. Mi piace avere la percezione del clima che muta (prima passavo giorni interi tra casa, lavoro e macchina e non mi rendevo nemmeno conto di che temperatura o tasso di umidità ci fosse), vedere che sta diventando autunno e tutti i giorni le cose hanno un colore diverso. Scusate lo slancio romantico, sono in pre-ciclo e mi emoziono facilmente.
E poi, un altro motivo (forse) per cui non ho più scritto è che ho poche, pochissime certezze. Il mio Karma è un gran burlone, negli ultimi tempi sono diventata bersaglio di scherni e derisioni da parte sua. Fa entrare e uscire dalla mai vita persone improbabili, mi fa accadere cose che mi destabilizzano, avere pensieri sconnessi e oltremodo perversi. Mi sembra di vivere nel Fantabosco o aver dato una smozzicata ai funghetti di Alice nel Paese delle Meraviglie.
E insomma, questo è quanto. Non ho intenzione di abbandonarvi, e anzi, durante i miei deliri vi penso e mi dico anche “dirò tutto a tutti un giorno, quando questa roba si trasformerà in un pensiero coerente”. Quindi, non abbandonatemi e siate fiduciosi.

domenica 2 settembre 2012

Sono fuori dal tunnel


Ogni tanto mi torna in mente l’adolescenza. Difficile dire quando l’adolescenza abbia inizio; mi accorgo guardando i “ragazzini” per strada che non so proprio identificare quel momento. Si vedono bambine chiaramente non ancora mestruate già truccate o abbigliate da “grandi” e bambini bassi e magri con la cresta sui capelli, i pantaloni larghi e la sigaretta in bocca.

Per me l’adolescenza è iniziata quando mi sono cresciute le tette. Mi sembrava che si ingrandissero ogni giorno. Credo di non aver mai messo la coppa A, ma di essere passata dalla libertà di non portare il reggiseno ad una abbondante coppa C direttamente. E’ una cosa spaventosa. Di colpo non sei più in grado di fare nulla nelle lezioni di educazione fisica e i maschi della tua classe ti osservano come se fossi una donna da copertina, cercando di toccarti appena ne hanno l’occasione. Poi vabbè, non parliamo di quando ti arrivano le mestruazioni e non sai a chi dirlo. Cioè, a parte la mamma, dico, magari le tue amiche non sanno cosa sono e le traumatizzi. Oppure tutte le hanno già e ti senti l’ultima arrivata. Sì, direi che le femmine diventano adolescenti quando mettono su seno e iniziano a pagare con il sangue il loro debito con il Signore, le famose “comode rate mensili”, che di comodo non hanno nulla, ma insomma, si fa per dire.

I maschi non lo so, forse iniziano a sentirsi grandi quando il loro pisellino inizia a far di testa propria. Immagino l’imbarazzo di un mattino, in cui, come al solito, la mamma viene a svegliarti con un bacetto in fronte, posando la tazza di latte e Nesquik sul comodino e nota un rigonfiamento sotto le lenzuola. Il suo bambino ha l’alzabandiera!  Che shock. Povere mamme. E poi quella cosa lì, che ti fa sentire fuori controllo, si ripete ad ogni piè sospinto: mentre guardi Candy Candy, mentre corri in fila indiana durante l’ora di ginnastica e davanti hai un culetto che sobbalza, mentre sogni, mentre sfogli il Postalmarket di mamma. Ho sempre pensato che nascere femmine fosse una disgrazia, ma ora che ci penso, se fossi nata maschio avrei avuto un tale conflitto con il mio ammennicolo che probabilmente sarei arrivata a tagliarmelo e darlo in pasto ai piccioni. Odio perdere il controllo.

Le cose che cambiano nelle femmine sono molte, e tutte imbarazzanti. Ti crescono i peli, ovunque, nessun centimetro di corpo viene risparmiato. Inguine, ascelle, braccia, gambe. Ma soprattutto, ognuna di noi ha vissuto il periodo monociglio + baffi. Ditemi se non è vero. Quando la mamma ritiene che tu sia ancora troppo piccola per spinzettarti o farti la ceretta. Le più fortunate avevano anche gli occhiali spessi (generalmente tondi) e l’apparecchio ortodontico. Poi ti crescono i fianchi, la pancia, e come già detto, il seno. E se il seno può anche farti piacere, perché ti accorgi che inizi ad essere guardata in modo diverso, senza dubbio la pancia e i fianchi cambiano il TUO modo di guardarti, e lo cambiano in peggio. Per chiudere i jeans devi sdraiarti sul letto senza cuscino, al massimo della distensione che il tuo corpo può concederti, tenere il fiato e agganciare il bottone all’asola. Poi ti alzi e ti senti morire. Annamo bbene. E le magliette, cazzo, tiravano ovunque e si sollevavano. Quel rotolino di pancia sembrava coperto fino all’attimo prima e poi  “slap!”, ecco che se ne esce sollevando la T-shirt. Che schifo.

I maschi anche, avranno i loro bei complessi.  Intanto, sempre con il loro coso che non risponde ai comandi cerebrali, avranno difficoltà di vestiario, perché magari i jeans sono troppo stretti e allora meglio la tuta da rapper. Poi penso che sia abbastanza imbarazzante vedersi quei peli ancora morbidi sul labbro, che non hanno ancora nulla della ruvidezza dei veri uomini. Non c’è nulla di grezzo e primitivo in quelle gambine rachitiche ricoperte di pelo batuffolo. E cosa c’è di virile in quella vocina stridula che esce proprio quando meno te l’aspetti, o quando meno la vorresti. E poi la faccia, che all’improvviso si ricopre di brufoli orrendi che ti fanno somigliare ad una pizza margherita. E i capelli unti e spessi che non hanno una forma e tocca rasarli o farli crescere, rischiando subito di essere etichettato come naziskin o metallaro o fricchettone.

Perché l’altra cosa tremenda dell’adolescenza è questa. Che devi scegliere da che parte stare. E magari tu proprio non lo sai da che parte stare, e finisce per stare un po’ di qua e un po’ di là o mischiare il qua e il là. Ragazzi, cha ansia. Ho avuto il periodo in cui ascoltavo i classiconi per ragazzine: Take That, Backstreet Boys, Hanson, Spice Girls. Utili, eh. Perché con i Take That impari l’inglese, con i BSB impari cosa vuol dire amare alla follia senza speranza di essere ricambiati, con gli Hanson impari che si può diventare famosi assemblando suoni casuali, con le Spice impari che le scarpe da ginnastica con la zeppa, che anni dopo ritroverai nell’armadio, forse non erano state un affare. Eppure ti era sembrato così, quando dopo aver stressato la mamma a livelli inimmaginabili avevi ottenuto quell’obbrobrio e ti eri schiantata la prima volta che le avevi indossate. Io e le mie amiche riuscivamo ad ascoltare quelle canzoni per ore, mentre provavamo trucchi, smalti e acconciature come se non ci fosse un domani. Intanto leggevamo giornaletti da femmina, ci scambiavamo vestiti e tutte le cose che facevamo avevano il solo scopo di confrontarci e capire se eravamo normali.  Poi c’è stato il periodo tamarro, poi musica italiana, poi reggae, poi ska, poi musica impegnata. Non esiste un altro periodo della vita in cu sei in grado di cambiare così tante volte idea sua qualcosa. L’elasticità di una mente adolescente è veramente inimmaginabile: sei un muro senza intonaco, su cui chiunque scrive ciò che vuole, che volte viene imbrattato dai vandali, scalfito da oggetti contundenti, mentre i tuoi genitori cercano di darti addosso un banalissimo bianco.

Dei maschi non sapevamo nulla, se non che si smanettavano in continuazione. Perché nessuno lo faceva in segreto. Non avevano, come noi, il tabù della masturbazione, loro lo facevano anche davanti a tutti, tra di loro, in qualsiasi momento. Io li schifavo, mi sembravano animali. Ma in effetti quell’edonismo, quella voglia di piacere immediato e superficiale, è solo la nostra natura più profonda. Quando diventi adulto capisci che per avere un rapporto sessuale è necessario avere una relazione dialogica, come minimo, e in qualche caso necessiti di una cena, un cinemino, un paio di birre. Quando sei adolescente invece sei solo un mammifero e pensi che ti basti annusare il culo a chi hai davanti per poterti accoppiare. Solo molto più tardi avrei cominciato ad apprezzare questa bestialità, che molto spesso noi donne reprimiamo, ma all’epoca ne ero assai spaventata.

E niente, queste sono le cose che penso quando vedo i ragazzini per strada, vedo futuri maschi e future femmine, avvolti nel bozzolo del loro essere ancora ibridi. Vedo la loro confusione, il loro mostrarsi diversi da come sono, la loro maschera adulta che copre il loro corpo bambino. Sono in tunnel da cui usciranno dopo un pezzo, poveracci,ancora  non lo sanno che sono solo all’inizio…