sabato 28 luglio 2012

La regina del social network detta legge

Lo so, parlo sempre delle stesse cose. Eh vabè, se vi annoiate non leggetemi più, ciao. E' che i social network sono una fonte inesauribile di spunti per le mie cazzate.

Secondo me occorre una social-regolamentazione. Qualcuno dovrebbe scrivere una normativa per la gestione di Facebook, ad esempio. Ecco, forse Zuckerberg non è proprio la persona più indicata, visto che ha inventato il diario e ha mischiato la mail e la chat. So che tutti state fremendo. Ok, dai, lo scrivo io.

REGOLE PER GESTIRE OTTIMAMENTE IL VOSTRO FACEBOOK SENZA FARMI INCAZZARE COME UN'APE.

1) Alla voce "su di me" nelle informazioni generali è severamente vietato scrivere "nemmeno una nuvola". Se sei una persona così triste da citare Pupo forse è il caso che tu vada in analisi, anzichè affidare i tuoi inquietanti pensieri ad una bacheca pubblica.

2) Alla voce "datore di lavoro" nelle informazioni sull'attività lavorativa è severamente scrivere "me stesso". Pena la fustigazione in pubblica bacheca (tutti possono scriverti: "capra!capra!capra!"). La pena è aumentata nel caso in cui tu non sia un imprenditore, ma uno schiavo.

2bis) Non ci crede nessuno che lavori per la C.I.A., l'F.B.I., la mafia o una casa di produzione di film porno. Piuttosto scrivi "sono disoccupato, ecco perchè passo la giornata a inventare mestieri nuovi per Facebook". L'onestà paga sempre, mio caro utente.

3) Potete inviare al massimo 2 inviti per i giochi. Al secondo rifiuto, per cortesia, famo a capisse. So che forse tu hai una vita da sprecare per far scoppiare tutte le palline di Puzzle Bubble o raccattare tutti i diamanti di non so quale cazzo di gioco con i diamanti, o peggio, creare una fattoria piena di animali o una specie di bordello in cui far accoppiare i tuoi Sims, ma io no. Lavoro, studio, leggo, dipingo, scrivo cazzate sul blog, ok? Cosa non è chiaro?

4) Potete inviare al massimo 2 inviti per i vostri eventi di merda. Dopo i rifiuti al corso per imparare a modellare Rapunzel con la pasta di zucchero o imparare a fare una borsa con i jeans vecchi (le borse di jeans nun se possono vedè, e lo dico io che di moda ne so quanto Sbirulino) basta, per favore, datemi tregua. Va bene, forse non sarò un'amante della mondanità, ma la mia vita non fa poi così schifo, non mi annoio, insomma. Postilla per Zuckerberg: la funzione per giustificare il proprio rifiuto ad un evento è una roba tremenda. Finirò con dover dire la verità e cioè: "perchè il tuo evento mi fa cagare".

5) Dopo il terzo link identico che vedete postato in sequenza sulla vostra home avete il pieno diritto di cancellare tutti quelli che l'hanno pubblicato.

6) Se un vostro "amico" pubblica più di quattro canzoni di Vasco Rossi nello stesso anno (e grazie alla funzione "diario" potete andare a colmare le lacune della vostra memoria) è vostro diritto (quasi dovere) cancellarlo. Non è poi un grande amico, in fondo. 


6bis) La norma sopraccitata è applicata anche in caso di citazioni di Fabio Volo e foto + frasi da veri duri di Jean Claude Van Damme.

7) E' vietato cambiare le informazioni personali più di quattro volte l'anno, salvo quelle lavorative se lavorate per un'agenzia interinale (avete tutta la mia solidarietà). Se lo fate con lo status sentimentale o l'orientamento religioso, per favore, mettetevi a posto. E' assai probabile che siate delle mignotte molto confuse.

7bis) Tutti fidanzati ufficialmente con i migliori amici, eh? Mamma mia, come siamo originali!

8) Limitate l'uso dei cuori il più possibile. Lo so, è difficile, non ci riesco nemmeno io a non essere smielata,  anche se nella vita sono simpatica come un cane col cimurro.

9) Utilizzate responsabilmente i like. Creano dipendenza.

10) Le fonti delle citazioni sono assai importanti. Non ha detto TUTTO Jim Morrison, d'accordo? Non ha vissuto abbastanza a lungo per dire tutte quelle stronzate, povero lui.

10bis) Ci sono altre persone oltre ad Oscar Wilde che scrivevano cose intelligenti e illuminanti.

Le femministe gridavano in piazza "l'utero è mio e me lo gestisco io" e tenevano ragione. Qualcuno potrebbe sentirsi toccato nel vivo ed esclamare "la bacheca è mia e me la gestisco io!". D'accordo, fai pure. Facebook mi consente di cancellare virtualmente dalla mia vita quelle persone che prenderei volentieri a randellate sugli incisivi. Certo, è un po' frustrante non poterlo fare davvero, ma chi si accontenta gode.

mercoledì 25 luglio 2012

Un post al Volo

Un post veloce veloce, giusto per ricordarmi che oggi ho passato una gran bella giornata. Qualcuno me lo disse, giorni fa: "liberati da tutto e sarai pronta a vedere le meraviglie che il mondo ti offre".

Ore 8.30 Arrivo al lavoro e nel mio posto auto trovo una mucca. Vera, con tanto di vitellino al seguito.

Ore 13 Ho già finito di lavorare. Gaudemus!

Ore 14 Penso alle mie amiche e mi dico "Sarebbe bello passare il pomeriggio in piscina con loro". Mi chiamano: "Piscina oggi?"

Ore 18 Non c'è un cazzo per cena. Telefonata: "Cena?"

Ore 19 Un quasi tramonto bello da fare male, una sangria offerta dalla casa.

Ore 20 Una pizza enorme, una pilsner enorme, una crema catalana da orgasmo.

Ore 21 Confidenze.

Ore 22 Risate.

Ore 23 Joey Ramone, David Bowie e Blondie nello stesso CD tornando a casa.

Lo so, dico una roba alla Fabio Volo, ma cazzo, la vita è bellissima, le cose piccole sono bellissime, le cose strane sono bellissime. Il surrealismo di una mucca in un parcheggio, la telepatia, la rucola che scricchiola e lascia un gusto amaro, il rumore del cucchiaio sulla crosta della crema catalana, le persone a cui vuoi bene, la canzone giusta al momento giusto. Robe che la settimana scorsa ti facevano cagare perchè avevi le paturnie.








martedì 24 luglio 2012

Quando c'è sentimento non c'è mai pentimento

Non sono capace a scrivere le poesie, preferisco i racconti, o le storie senza forma. Ma nei racconti e nelle storie ci sono fatti, personaggi, colori, odori. Nelle poesie c'è solo un sentimento. Un sentimento e basta. E allora vale la pena provarci.



MACIGNO

Un peso, una massa informe, dura, fredda

Impossibile da spostare tutta intera

Riducila a briciole con la forza del pensiero

(Che da qualche parte il potere magico ce l’hai)

Poi dai una briciola a ognuno

Il pezzo più grande io lo do a te

Pesa tanto, ma lo teniamo in due

Non facciamo fatica

Il macigno non c’è più.





P.S. Il titolo è perchè sono una cazzona, che anche se voglio dire una roba seria non riesco a non buttarla in caciara. E comunque i Neri per caso di sentimenti ne sapevano. 

martedì 17 luglio 2012

Libere associazioni

Per tutti quelli che me l'hanno chiesto, per tutti quelli che l'hanno letto in segreto, per tutti quelli a cui non frega un cazzo, per tutti quelli che mi hanno vista nel Bosco (fermatemi o vado avanti), ecco il racconto con cui ho partecipato al concorso Scrittorincittà e grazie al quale ho vinto la partecipazione al Progetto Giovani di Collisioni Festival.





LIBERE ASSOCIAZIONI


Da bambina, con i miei genitori, ogni domenica si faceva un giro in macchina. Il mitico Pandino bianco e l’audiocassetta di Bob Dylan. Cantavo forte parole sconosciute e fuori dal finestrino le colline ci seguivano, come fotogrammi di un film spinto avanti veloce. Papà mi raccontava di quando da giovane (e non aveva trent'anni) andava in giro a cantare con la chitarra e l'armonica a bocca come il suo idolo. Pensavo: "voglio sposare papà". Poi la fissa dell'uomo con uno strumento musicale in mano m'è rimasta. Mi innamoro delle chitarre e di chi ci sta dietro. A volte la sera gli chiedevo "per favoooreee" di suonare qualcosa. Poche volte mi diceva di sì, ma quando lo faceva ero la bambina più felice del mondo. Sedermi vicino a lui sul divano e guardare le sue mani giganti muoversi sulla chitarra mi faceva venire voglia di piangere e cantare. Proprio come in questo momento. Man mano che diventavo grande ho avuto sempre meno rapporto con mio papà. Lavorava sempre, non lo vedevo mai. Poi sono diventata un'adolescente, e come tutte le adolescenti ho iniziato a detestarlo senza un motivo. Ma qualcosa da lui lo volevo ancora. In terza media feci la "tesina" su Bob Dylan. Suonai "Blowing in the wind" con il flauto dolce davanti alla commissione. Tradussi il testo della canzone dall'inglese. Misi una bella foto in bianco e nero sulla copertina. E in quella foto io ci vedevo papà. Oggi ho ventisei anni e un rapporto piuttosto freddo sia con mio padre che con gli uomini in generale. L'anno scorso ho chiesto a papà di andare insieme e vedere Bob Dylan in concerto a Milano e mi ha detto di no. Ho pianto tantissimo. Quest'anno a vedere Bob Dylan ci andrò davvero, senza papà. Ma quando Bob salirà sul palco so che vedrò papà e rimarrò senza fiato.




domenica 15 luglio 2012

Patti, sempre Patti, fortissimamente Patti

Ieri, la conferenza di Patti Smith, ospite a Collisioni 2012, è stata un'esperienza che non dimenticherò per molto tempo.

Quando l'ascoltai in concerto due anni fa a Torino pensai che non l'avrei mai più rivista. Le rughe e il catarro evidentemente non l'hanno fermata.

L'attesa è lunga, i bodyguard molesti, sono affaticata, trovare un posto a sedere è un'impresa ardua, sono arrabbiata perchè nonostante il pass nessuno mi fa entrare da nessuna parte.

Finalmente arriva Patti.

Paragona il suo amore per Bob Dylan al rapporto tra un bambino e la bambina di cui è innamorato. Un ragazzino quando è innamorato di una coetanea le tira i capelli e le fa i dispetti. Lei, quando il suo idolo Bob Dylan l'ha cercata nel backstage di un suo concerto chiedendo "C'è qualche poeta qui?" ha risposto "Chissenefrega della poesia!". E poi lei col suo idolo ci ha cantato, sotto riflettori bollenti. E le gocce del loro sudore si sono addirittura mischiate. "Se vivrete abbastanza a lungo, capirete che nella vita tutto può succedere".

Arriva un soffio di vento, si sentono gli uccellini cantare. Patti se ne accorge e la conferenza si interrompe un attimo. Si divaga. A Collisioni c'è tutto ciò che si può desiderare da un festival.

Quando Patti apre bocca ti accorgi che davanti hai una donna che ha visto e vissuto tutto. E' la sacerdotessa del Rock. Sì, lo è davvero. E' uscito da poco il suo ultimo album. Pensi "Cazzo, è del '46 e sogna più di me!". Pensi che per noi italiani la massima esponente del rock è Gianna Nannini, e vuoi morire. 

Poi si alza, recita People have the power. Non canta, parla. Ma la musica in qualche modo la senti lo stesso. Nel naso, l' odore di vino che arriva dalla strada. Le persone bisbigliano le stesse parole che Patti sta intonando, come una specie di preghiera. Quella brezza che prima era leggera ora ti sembra un vento forte e freddo, che ti fa venire la pelle d'oca. Arriva una lacrima. E' solo la prima.

Per le altre bisogna aspettare il concerto.

Grazie Patti.

giovedì 12 luglio 2012

Cose che mi piacciono #2

Oggi ho fatto tante cose che mi piacciono:

Mi piace passare l'intera giornata del giovedì con la convinzione assoluta che sia venerdì.

Mi piace mettermi una maglietta bianca e sporcarla di sugo dopo 5 minuti.

Mi piace mettermi i pantaloni corti anche se ho le ginocchia sbucciate.

Mi piace sentirmi una bambina perché ho la maglia sporca di sugo e le ginocchia sbucciate.

Mi piace trovare le scarpe che cercavo da un sacco di tempo e comprarle anche se sono le uniche non in saldo in tutto il negozio.

Mi piace rileggere i messaggi stupidi di una persona a cui voglio bene.

Mi piace pensare che rivedere una persona mi chiarirà le idee su un'altra.

Mi piace avere una canzone nella testa, ricordarmi immediatamente il titolo e andare subito su Youtube a sentirla.

Mi piace mangiare la pasta al pesto, un ghiacciolo rosa e poi andare a passeggiare in un campo di girasoli.

Mi piace andare a casa di qualcuno e prendere in prestito un libro, due o anche tre.

Mi piace quando riesco a far smettere di piangere un bimbo.

Mi piace quando riesco a far smettere di abbaiare un cane.

Mi piace pensare di avere dei poteri magici quando riesco a far smettere di piangere un bambino o di abbaiare un cane.

Mi piace avere paura delle persone nuove e allo stesso tempo non vedere l'ora di conoscerle.

Mi piace pensare che passerò un weekend molto lungo e pieno di cose bellissime da fare.

Mi piace pensare che lunedì è vicino (solo questo lunedì, non tutti i lunedì).

Mi piace pensare di dover stare a casa ad annoiarmi tutta la sera e invece poi uscire all'ultimo momento.

Mi piace leggere Amélie Nothomb e sentirmi uguale uguale.

martedì 10 luglio 2012

Liberté, egalité, inutilité

Avete mai riflettuto sull'inutilità delle cose che a volte diciamo?

Per esempio, vedi la tua amica dai lunghi riccioli d'oro improvvisamente rasata come un punk e le chiedi "Ma hai tagliato i capelli?". Oppure vedi il tuo amico per terra con le ginocchia sbucciate e il sangue che esce dal naso e gli dici "Ma sei caduto?". Cose senza senso. Lo so, lo so, si chiamano domande retoriche. Ma le domande retoriche sono davvero necessarie? Ops, anche questa è una domanda retorica. Niente, mi sono cacciata in un cul de sac. 


Altre cose inutili che diciamo sono quelle che non vorremmo dire. Tipo "possiamo essere amici" di fronte alla persona con cui vorremmo sposarci e avere tre bambini, o "va bene così" di fronte a un lavoro di merda sottopagato o "basta sono sazia" di fronte ad una Sacher con cui vorremmo strangolarci.


Ci sono le parole sprecate. Un "ti voglio bene" alla persona che da lì a un secondo ci farà più male di una randellata sui denti, un "grazie" a qualcuno che sta facendo un gesto carino per poi rinfacciarlo ad vitam aeternam, un "salutami Tizio" (i saluti non arrivano mai, si sa).


Lo so che sono logorroica e una predica così da una come me non ve l'aspettavate, ma io la mia prima parola l'ho detta a tre anni compiuti e ho del tempo perduto da recuperare. Quindi ho il diritto inalienabile di dire quante cazzate mi pare. 


Ma la cosa più stupida dell'universo è invece non dire quello che è davvero necessario. 


"Fai cagare, stavi meglio prima" all'amica che si è rasata. "Cazzo, vado a prendere l'acqua ossigenata" all'amico che è caduto. "Ti amo" alla persona giusta. "Non prendo due lauree per farmi sfruttare" al nostro datore di lavoro. "Ancora, ancora, di più, di più" alla Sacher. "Buttati da un ponte" agli amici infedeli. "Fottiti" a chi non fa mai niente per niente. "Se ti capita di vedere Tizio digli che mi sta in culo tantissimo".

Nonostante l'incontinenza verbale che mi caratterizza, tante sono le cose che non dico. Manca il coraggio. La paura che quella roba lì che hai da dire esca dalla tua bocca incartata da emozioni positive o negative che si sono così amplificate nel tempo e nello spazio (quello tuo, dentro, che certe volte è gigante) che alla fine assume un significato diversissimo da quello che vuoi esprimere. La paura di vedere nell'altro una faccia diversa da quella che ci siamo immaginati. Paura di sprecare, di offendere, di perdere qualcosa o qualcuno con un parola. Il problema è la stima di sè, il non sentirsi in diritto di chiedere, esplicitare, rendere chiare le cose.

E così che nascono quelle situazioni ambigue e offuscate da cui poi non riesco mai a togliermi.
Ho trovato il problema e adesso sono in cerca di una soluzione.







lunedì 2 luglio 2012

Basta un giorno così a cancellare centoventi giorni stronzi


Così cantava Max Pezzali, ormai sedici anni or sono (ammazza quanto me sento vecchia!), accompagnato dal buon Repetto, che tra parentesi chissà che fine ha fatto. Citando gli 883 darò forse l'impressione di essere una persona ormai alla frutta, ma questa frase l'ho pensata molte volte questo weekend. Sono partita carica di "lasciami stare" e tornata con un sorriso a trentadue denti. 

Come compagni di viaggio avevo un'amica storica, con cui ho condiviso gioie e dolori universitari, il suo fidanzato, maestro e musicista jazz e un amico di lui, artista di strada. Il viaggio per raggiungere i ragazzi, che erano già a Sanremo da tutta la settimana, per portare in giro il loro spettacolo musicale, è stato divertente. Entrambe social worker, infatti, io e la mia amica abbiamo la tendenza ad attirare a noi personaggi improbabili e in tre ore di treno non avete idea di quanti se ne incontrino. Da quello che parla da solo a voce alta alla tipa che ti chiede l'ora una volta al minuto, a quelli che ti piantano una trombetta da stadio in un orecchio, al brasiliano e la genovese che parlano tra di loro come se nulla fosse, e tu scopri con sorpresa che il dialetto genovese e il portoghese sono esattamente la stessa cosa. 

Quando siamo arrivate e abbiamo raggiunto i ragazzi, anche loro avevano già raccattato due tipi originali, forse perchè, essendo compagni di social worker, di riflesso hanno la stessa calamita per il disagio. Così, a mezzanotte, ci ritroviamo a bere birra con un senegalese suonatore di bongo con cui poco prima era stata improvvisata una jam session e un sanremasco doc (io ero convinta si dicesse sanremesi) , che lavora pure al Casinò, che passa con nonchalance dal raccontare storie di ricconi che giocano alla roulette all'esprimere le proprie opinioni su quanto è sbagliata l'economia monetaria. Un rugacoglioni come pochi. Dopo il battutone del senegalese, che va in bagno e al ritorno dice "Buh, è arrivato l'uomo nero!" ci alziamo e torniamo a casa.

Una bottiglia di bianco, un terrazzo con l'aria fresca e salata che arriva dal mare, e rimango incantata ad ascoltare le storie di chi ha scelto di fare della strada la propria casa, del mondo la propria vita. Sarà che   nella mia testa non c'è mai stato un confine, ma poi ho finito con il fare scelte di vita parecchio conservatrici, forse per paura, forse per convenzione, forse per non deludere la famiglia, ma quando sento storie del genere mi sento più felice e più ricca. In un attimo capisci che non importa da dove vieni, dove vai, cosa fai: c'è sempre qualcosa in comune con gli altri, lo trovi per forza. La vera condivisone delle esperienze è una delle cose più magiche che l'uomo sappia fare.

Il relax totale e la gioia che solo il contatto con il mare sa darti. Il sole, il vento, la sabbia, l'acqua. Cose che ti fanno più bella e tu non sai nemmeno come. Le confidenze con un'amica e le passeggiate che non finiscono più. Il melting pot di gente che è lì per fare la stessa cosa, che non ti sembra nemmeno vero. 

E alla sera la musica, in strada, e a vedere la gente che si ferma senti dentro la magia di un linguaggio davvero universale. Dal bambino piccolissimo che non vuole più andarsene, alla vecchia che balla da sola, con gli occhi chiusi, l'aria sognante e una rosa tra le mani, a chi lancia una moneta sprezzante, ma poi torna indietro e si lascia coinvolgere. La voglia di ballare che ti sale dai piedi al cervello in un attimo, le mani che friggono dalla voglia di battere su qualsiasi cosa, in testa nemmeno un pensiero.

Poi ditemi voi se Max Pezzali non aveva ragione.